Complicanze diabetiche: è possibile diminuirle

IL GIORNALE    Mar, 10/05/2016 – 06:00

Crescono le possibilità terapeutiche, per i pazienti con diabete di tipo 2: la terapia insulinica con microinfusore, rispetto a quella multi iniettiva giornaliera, migliora il controllo della glicemia. Il dato emerge dalla fase di prosecuzione di un approfondito studio OpT2mise (un trial randomizzato), pubblicato di recente su Diabetes, Obesity and Metabolism. In estrema sintesi: il lavoro ha confrontato la terapia insulinica mediante microinfusore, con le iniezioni multiple giornaliere, nei pazienti diabetici di tipo 2, in cattivo controllo glicemico. A12 mesi, il gruppo che dopo un periodo iniziale di sei mesi con terapia multi iniettiva, è passato alla somministrazione di insulina tramite microinfusore, ha raddoppiato la riduzione di emoglobina glicata A1C dallo 0,4% allo 0,8, utilizzando il 19 per cento in meno di insulina. «La prosecuzione dello studio OpT2mise, sviluppa i risultati dello studio iniziale che hanno dimostrato come la terapia insulinica realizzata mediante il microinfusore, abbia aiutato i pazienti diabetici di tipo 2, insulino-trattati, a ottenere in sicurezza un miglior controllo glicemico a dosaggio di insulina inferiore, rispetto alle iniezioni multiple giornaliere», spiega Francesco Giorgino, direttore unità di endocrinologia del Policlinico corsorziale di Bari. «Abbiamo riscontrato che i partecipanti che sono passati dalla terapia multi-iniettiva al microinfusore di insulina, sono riusciti a ottenere gli stessi risultati a 12 mesi. Poiché molti pazienti con diabete di tipo 2 hanno difficoltà a raggiungere il controllo glicemico, questi dati dimostrano che la terapia insulinica mediante microinfusore, può offrire un vantaggio significativo, rispetto alle iniezioni multiple giornaliere di insulina, anche in questi pazienti». Per le persone con diabete (in Italia sono quasi 3 milioni più, si stima un altro milione e mezzo con malattia senza saperlo), il controllo glicemico, è un fattore essenziale. Una riduzione dell’1 per cento di emoglobina glicata A1C, determina un calo del 40% del rischio di complicanze di lungo termine come ictus, cardiopatia, danni a livello oculare e nefropatia.

 

Il Microinfusore

Uno degli argomenti maggiormente condivisi durante il periodo della “scola” del soggiorno educativo tenutosi al Villaggio Alta Lia di Brancaleone in Rc, è stato quello della terapia microinfusionale,argomento trito e ritrito per i nostri pazienti,ma da non dare mai per scontato: Repetita iuvant e Verifica sono il nostro motto…

L’interesse per la terapia insulinica con microinfusore o CSII (Continuous Subcutaneous

Insulin Infusion) e la sua diffusione sono cresciuti moltissimo in quest’ultimo decennio. Ciò

è stato determinato sia dal progressivo e continuo miglioramento delle pompe d’infusione

(in termini di affidabilità tecnica, di accettabilità estetica e facilità d’uso), sia dall’esigenza

di raggiungere un’ottimizzazione del controllo metabolico, condizione fondamentale per la

prevenzione primaria e secondaria delle complicanze del diabete tipo 1. Studi recenti,infatti, hanno dimostrato come sia necessario raggiungere questo controllo molto precocemente, anche in età pediatrica, giacché esiste una “memoria metabolica” in grado di proteggere nel tempo dalla

comparsa delle complicanze, in caso di buon compenso glicemico pregresso.

Per raggiungere l’ottimizzazione del controllo metabolico,si è cercato di sviluppare e utilizzare terapie sempre più simili alla secrezione endogena d’ insulina ad opera del pancreas. Il microinfusore è il dispositivo che più si avvicina all’azione pancreatica. La terapia CSII è nata negli anni Sessanta, ma i primi apparecchi per l’infusione erano di grandi dimensioni, difficilmente indossabili, la somministrazione di insulina era molto rudimentale e in molti casi risultava complessa da gestire. Per questo venne presto abbandonata a favore di altri tipi di somministrazione più pratici e per molti anni la terapia più all’avanguardia è stata quella multiniettiva tramite siringhe o penne da insulina. IL microinfusore è una pompa che somministra insulina, attraverso un set infusionale collegato ad un agocannula inserita nel sottocutaneo, in due modalità:

Infusione basale:

l’erogazione insulinica, continua e programmata, viene erogata automaticamente nelle 24 ore con la possibilità,tenendo conto dei bisogni della persona, di modifica delle quantità di rilascio ora per ora.

Bolo:

La dose di insulina è  regolata e attivata direttamente dalla persona in base alle esigenze del momento (pasto o correzione iperglicemia).

E’ bene sottolineare che l’utilizzo di tale dispositivo richiede indicazioni terapeutiche e requisiti che il team diabetologico dovrà individuare. Tra le indicazioni ricordiamo:

 Iperglicemia al risveglio (fenomeno alba)

Insulino-resistenza

Ipoglicemie ricorrenti
Scarso compenso metabolico
Miglioramento dello stile della vita

Fabbisogno insulinico estremamente ridotto con dosi non facilmente frazionabili

Difficoltà ad accettare iniezioni multiple (agofobia).

Per quanto riguarda i requisiti è compito del team di individuarli nel paziente quanto nei familiari e prevedono:

  1. Capacità fisiche-tecniche
    – eseguire frequenti ed accurati controlli glicemici
    eseguire operazioni necessarie all’impiego della pompa
  2. Capacità di adattamento
    – Essere in grado di assimilare le conoscenze ed imparare le tecniche necessarie all’impiego del microinfusore
    – Cambiare comportamenti ed aspetti della terapia in base ai risultati
    Prevedere il fabbisogno insulinico in presenza di nuove circostanze
    Individuare i rapporti tra le diverse componenti della terapia (alimentazione/attività fisica/automonitoraggio)
    3. Livello Motivazionale
    – Essere fortemente motivati a migliorare il proprio controllo metabolico.La motivazione non deve essere quella di ridurre drasticamente in numero delle iniezioni o sentirsi liberi di mangiare a sproposito.
    – Attenersi alle raccomandazioni per un impiego sicuro della pompa e la prevenzione delle situazioni di rischio
    – Identificare le abitudini di vita che possono interferire con il trattamento e modificarle
    – Assumere un ruolo responsabile nella gestione giornaliera della terapia.

 

Attualmente la terapia con CSII rappresenta il gold standard nella cura del Diabete Mellito tipo 1 e anche tipo 2 e richiede un costante impegno da parte del paziente e del team diabetologico. Diciamo sempre ai nostri pazienti,grandi e piccoli, il microinfusore è uno strumento che tutti devono conoscere,ma che non è per tutti. La cosa bella però è che una volta utilizzato,bene, difficilmente si abbandona.

 

Maria e i suoi tre gemelli .

Maria ha appena avuto tre gemelli, Emanuele, Aurora e Antonio. Fanno compagnia alla prima figlia Chiara che va per i tre anni. Gestire una gravidanza così non è stata una passeggiata, né lo è vivere con il diabete e tre neonati in casa. Ma Maria ha tre armi segrete: un microinfusore, un Team diabetologico un po’ fuori dal comune e un carattere insieme puntiglioso e ottimista.

«Cosa ho provato? Stupore ovviamente e anche un po’ di timore, ma subito ho sentito arrivare proprio da dentro di me una grande serenità ed una grande forza». Pochi mesi fa Maria ha avuto tre gemelli. Un caso relativamente raro. Ancora più raro, probabilmente unico in Italia, non foss’altro per motivi statistici, in una donna con diabete. «Ricordo che il mio ginecologo alla prima ecografia sgranò gli occhi e disse sorridendo: «Maria, ma cosa mi hai combinato!», voltò il monitor verso di me e vidi distintamente tre cuoricini che battevano, tre bambini.

Un figlio già cambia la vita, tre gemelli poi…
In effetti il mio primo pensiero è stato “come farò quando nasceranno?”, tenga presente che la mia prima figlia ha in fondo solo due anni e mezzo. E per quanto bravissima, necessita di molte attenzioni. E poi c’è il diabete con le sue esigenze che va gestito con razionalità ogni giorno.

Ha avuto e ha difficoltà a rispettare queste esigenze?
No, per fortuna no. Io sono una persona molto puntigliosa; la mia diabetologa ancora di più e quindi le mie glicate non hanno mai superato il 6,8 e durante le gravidanze erano ancora migliori. Da quando ho il microinfusore poi raggiungere e mantenere questi obiettivi è stato più facile.

Ha iniziato la terapia con microinfusore durante questa gravidanza?
No, il microinfusore mi è stato proposto dalla mia dottoressa per gestire la prima gravidanza, mi sono trovata talmente bene che l’ho voluto tenere anche in seguito, dopo il parto. Mi ha reso molto più semplice gestire la vita piena di imprevisti e di orari sballati tipica di una neo-mamma, per non parlare della gravidanza e adesso con quattro figli di cui tre di quattro mesi non saprei proprio come fare se non lo avessi!

Sono bimbi faticosi: piangono molto, non dormono di notte?
No: hanno le esigenze di tutti i bimbi della loro età e presi uno per uno sono abbastanza tranquilli. Di fatto però sono in tre! Devo ammettere che sono un po’ esausta, anche se mia madre è quasi sempre con me, e posso contare sull’aiuto di mio marito, e dei mie suoceri.

Mantenere una buona glicemia durante una gravidanza ‘normale’ non è facile: occorre stare attenti alla dieta, gestire nausee, sbalzi ormonali…
Con tre gemelli è ancora più difficile?
In parte sì. La dieta, per esempio, va seguita con grande attenzione in merito all’aspetto calorico. Lo schema nsulinico va rivisto di media ogni due settimane e le glicemie vanno controllate spesso: anche 10 volte al giorno. E a questo si aggiunge l’oggettiva difficoltà di portare in pancia tre creature. Soprattutto per chi come me è magrolina di costituzione. In questo percorso sono stata molto aiutata da un Team eccezionale come quello diretto dalla dottoressa Maria Antonella Ferraro la quale mi ha dato un grande sostegno umano e professionale così come tutte le persone dell’associazione Diabaino che non mi hanno mai lasciata sola durante tutta la permanenza in ospedale, organizzandosi a turno e sostenendomi nei momenti di sconforto.
Così facendo le giornate sono trascorse più velocemente, raggiungendo un traguardo importante come quello di far permanere in pancia quanto più possibile i bimbi, in modo che tutti gli organi potessero maturare e in modo particolare i polmoni.

Ci sono stati dei momenti difficili?
Sì, come ho detto durante la gravidanza io ero preoccupata particolarmente del ‘dopo’ parto: era tutto una incognita vista la ‘straordinarietà dell’evento’. I problemi sono arrivati quando alla fine del sesto mese ho iniziato ad avvertire delle contrazioni. Sarebbe stato estremamente rischioso partorire bambini così prematuri. Quindi sono dovuta rimanere in ospedale sotto controllo sino al parto programmato per il settimo mese. Ci sono riuscita. I bambini sono nati ovviamente con un cesareo all’inizio dell’ottavo mese (33° settimana). Alla nascita vevano un peso giusto per l’epoca gestazionale; sono rimasti sotto il controllo dell’equipe di neonatologia di Reggio Calabria che è rimasta positivamente colpita dall’evento. Dopo qualche tempo in incubatrice, tappa d’obbligo per i bimbi prematuri, ci siamo trasferiti tutti a casa. Oggi i miei tre angioletti hanno quattro mesi, sono sanissimi e molto vispi.

Li allatta tutti e tre?
Sì, fino a pochi giorni fa sì. Uno dopo l’altro, con calma ci si riesce.

Mi diceva che in ospedale ci sono stati momenti difficili.
Sì, i ginecologi erano un po’ preoccupati da una gravidanza trigemina in una donna con diabete di tipo 1. E molto stupiti del fatto che riuscissi a mantenere le glicemie nella norma. Ho fatto anche un holter glicemico che lo ha confermato. La mia diabetologa veniva a trovarmi in ospedale, telefonava sempre… Io credo che quella équipe di ginecologi e neonatologi abbiano visto con occhi diversi quello che si definisce il ‘rischio diabete’ in gravidanza.

E la sua figlia ‘grande?’ non è gelosa?
Per fortuna Emanuele, Aurora e Antonio sono arrivati in casa a distanza di una settimana l’uno dall’altro e questo ha contribuito a far metabolizzare a Chiara l’evento con più calma. Certo non è facile per lei ma ha un carattere forte e con il mio sostegno, perché faccio grandi sforzi per dedicarle giornalmente del tempo trasferendole un concentrato di coccole, sono sicura che riuscirà a gestire anche questa situazione. I bambini hanno delle risorse sorprendenti!!!
 
Microinfusore e gravidanza   www.microinfusori.it

Allergia all’insulina? Grande problema, micro-soluzione

Allergia all’insulina, una condizione rara che complica non poco il raggiungimento dell’equilibrio glicemico anche in una persona con diabete di tipo 2. La soluzione? infondere insulina a piccolissime dosi utilizzando il microinfusore. E così il signor Antonio, 54 anni è divenuto una delle poche persone con diabete di tipo 2 che utilizzano il microinfusore in Italia. E uno dei pochissimi ad aver iniziato alla tenera età di 54 anni.

L’allergia all’insulina oggi è una condizione molto rara. Ironia della sorte, il signor Antonio era una delle poche persone con diabete di tipo 2 ad accettare anzi a desiderare l’insulina per controllare al meglio la sua glicemia. Quando ha iniziato le iniezioni all’inizio non capiva perché la sua pelle si copriva di macchie rosse, si gonfiava.
«A volte mi sentivo come se non potessi più respirare. Era una sensazione bruttissima», racconta. Quando il signor Antonio chiama la sua diabetologa che era in vacanza la diagnosi arriva pronta: allergia all’insulina. «Abbiamo provato a cambiare tipo di insulina, ma la reazione allergica continuava», ricorda la moglie Maria. Qualche settimana senza insulina e poi a settembre la soluzione.
«La diabetologa mi ha proposto di usare il microinfusore», racconta Antonio. Il microinfusore infatti garantisce la fornitura di insulina attraverso l’infusione continua di piccolissime dosi. «L’insulina viene ‘spalmata’ su tutta la giornata», spiega giustamente la moglie. Non si formano quei depositi sottocutanei di insulina che scatenano la reazione. «Infatti da quando uso il microinfusore il problema allergia non si è più presentato», afferma Antonio, commerciante all’ingrosso sempre al lavoro in ufficio o in giro per l’Italia.

Lei sa che sono poche in Italia le persone che usano il microinfusore per gestire un diabete di tipo 2, e comunque oltre i 40-50 anni di età?
Me lo hanno detto. E me ne accorgo quando ci incontriamo in Ambulatorio o in Associazione. I miei ‘colleghi di microinfusore’ hanno 20 o 30 anni. Io, devo dire, non ho avuto grandi difficoltà. Certo forse ci ho messo un po’ di più di un ragazzo a imparare ma mi sono subito trovato benissimo! Piano piano, aiutato dalla diabetologa, dall’infermiera, dall’esperto di Roche Diagnostics e da mia moglie, ho imparato a inserire l’ago, a cambiare la cartuccia, le batterie, a fare i boli prima di pranzo tenendo presente quanti carboidrati ho mangiato. L’unica cosa che non ho ancora imparato è modificare sono le basali.

Sa che programmando piccoli boli con il microinfusore può anche correggere delle iperglicemie…
Certo e lo faccio: mezza unità o una unità quando la glicemia è alta. Ma soprattutto lo faccio prima. Vede io non sono sovrappeso ma sono goloso. Con il microinfusore posso permettermi magari un pasticcino… basta programmare una mezza unità poco prima o dopo e tutto va a posto. E poi penso alle iperglicemie la mattina. Una volta facevano spavento. Oggi quando è tanto è 140. Mi sento più tranquillo e posso fare tutto quello che devo e voglio fare.

Quando ha capito di essere allergico all’insulina, perché non è tornato alle pillole? Forse controllando bene la dieta poteva comunque tenere sotto controllo la glicemia…
Per carità (interviene la moglie) prima di iniziare con l’insulina era seguito con un approccio che prevedeva una dieta molto rigida: era dimagrito, triste, perfino depresso! Neanche a parlarne. L’insulina lo ha fatto rifiorire.

Avere addosso una macchinetta non le da fastidio?
No, per niente l’ho accettata molto bene. Anzi oggi sono una specie di pubblicità ambulante dell’insulina e del microinfusore. A tutte le persone con diabete che conosco dico, “curati il diabete, fai come me, guarda io ora riesco a fare quello che voglio!”.
 

da www.microinfusori.it

Il micro dell’anziano

Ha iniziato a usare il microinfusore dopo i 70 anni e si è trovata subito bene tanto da chiamare scherzosamente ‘mio marito’ il suo Accu-Chek D-TRONplus. Precisa ma felice di accettare una sfida intellettuale e di migliorare la sua qualità della vita Emma è forse la persona più anziana in Italia ad aver iniziato una terapia con microinfusore ma non se ne preoccupa. «Del resto», dice, «anche il mio esordio con il Dm1 a 55 anni è stato particolarmente tardivo».

Emma, ultrasettantenne, ha un nuovo marito. Lo chiama così con affetto e rispetto questo nuovo compagno di vita che dall’inizio del 2007 le è vicino e la aiuta. Come si addice a una sposina, questa insegnante in pensione tornata dopo molti decenni dalla Toscana nella natia provincia di Reggio Calabria, era insieme onorata e intimorita dalla ‘proposta di fidanzamento’. «Sinceramente pensavo che non sarei mai stata capace di gestire il microinfusore, non sono mai stata troppo a mio agio con le cose elettroniche», racconta Emma con tono dolcissimo e una estrema gentilezza nei modi per nulla formale anzi che crea calore e amicizia, temevo, per esempio, durante la notte di romperlo o di staccarlo involontariamente».

Così non è accaduto invece, ora si sente più sicura?
Direi di sì, impartisco i boli, modifico leggermente le basali seguendo le indicazioni che ho ricevuto, non ho problemi a cambiare il set e la cartuccia… Sto ancora imparando comunque. Nel corso di due soggiorni educativi organizzati dalla mia associazione Diabaino, ho visto con quale tranquillità i giovani usano il microinfusore, non sembrano aver alcun timore di romperlo o rovinarlo. E probabilmente hanno ragione loro, io sono ancora come dire, un po’ rigida.

Non esistono statistiche ma è probabile che lei sia la persona che in tutta Italia ha iniziato più tardi a usare il microinfusore, Che effetto le fa?
Non è che ci pensi molto. Sicuramente un poco usare il micro mi ha ‘ringiovanito’, i ragazzi – sono loro la maggior parte degli utilizzatori del micro – sono tutti molto gentili e accoglienti. Mi è tornata la voglia di imparare e non solo intorno al diabete. Ho ripreso a viaggiare, abitudine che avevo un po’ ridotto per via del diabete.

Lei ha vissuto molti decenni con il diabete di tipo 1, come…
La devo correggere. So che sembra strano ma il mio diabete che ha richiesto fin dall’inizio l’insulina e che a tutti gli effetti si direbbe un tipo 1 è iniziato a una età anomala: avevo 55 anni. Un diabete di tipo 1 tardivo ma senza nessuna somiglianza con quello di tipo 2 che conosco bene perché lo ebbe mio marito.

Che effetto le fece?
Vivevo a Prato fino a pochi anni fa e come può immaginare ero molto ben seguita, gestire la quotidianità del diabete anche con le molte iniezioni non mi risultava troppo difficile, io ho molti difetti ma non sono una persona trascurata. Mi viene naturale una certa precisione. Quindi le glicemie andavano bene, poi – soprattutto quando sono tornata in Calabria per essere vicina a mia figlia e alla nipote – hanno iniziato a salire. Non di molto, ma fino a quel momento erano spesso perfette.

C’è chi dice che, tutto sommato, qualche punto in più di glicemia oltre i 70 anni si può accettare se non ci sono complicanze in atto…
Lo so, lo so. Ma io ho molta, molta paura delle complicanze che hanno così duramente colpito la vita di mio marito, e riesco a essere serena solo se le glicemie sono sempre nella norma. E questo avveniva sempre meno. Una amica, anch’ella di Prato ma calabrese, mi ha parlato di Diabaino e il Servizio di diabetologia di Gallico che mi ha colpito per la grande disponibilità e accoglienza. Mi sono proprio sentita affidata e quando mi hanno proposto – con mio grande stupore – il microinfusore pur con tutti i dubbi ho accettato. “Perché non devo provare?” mi sono detta ed eccomi qui.

 Da www.microinfusori.it

 

 

 

Insulina e Microinfusore all’esordio

                                                     Dai farmaci all’insulina

Il diabete di tipo 2 procede per gradi. La terapia, che all’inizio spesso fa a meno dei farmaci, diviene lentamente più ‘aggressiva’ e solo all’ultimo il diabetologo tira fuori la sua ‘arma segreta’: l’insulina.
«Ma se con l’insulina posso portare la glicemia a livelli ideali, perché devo usarla solo all’ultimo quando magari è tardi per gestire al meglio certe complicanze o quando la persona è demotivata?», si è chiesta Mariantonella Ferraro, appassionata diabetologa.
Alla persona che alla diagnosi arriva con una glicemia e una glicata alte, dopo anni di diabete ‘silenzioso’, la Ferraro propone spesso un breve ciclo di terapia insulinica intensiva (anche quattro iniezioni al giorno).
L’insulina permette di ristabilire velocemente un perfetto equilibrio glicemico. Le betacellule che erano state ‘avvelenate’ dall’eccesso di glucosio tornano a produrre insulina.
Insomma seppure temporaneamente il diabete ‘regredisce’. A quel punto il paziente può andare avanti per molto tempo semplicemente sposando un’alimentazione sana e moderata e facendo dell’esercizio fisico.
«L’appuntamento con i farmaci forse è solo rimandato, ma di molto. Se alla diagnosi il paziente arriva con segni di complicanze, l’intervento intensivo insulinico ottiene l’effetto di fermarne la progressione e in alcuni casi anche di regredirle», spiega la Ferraro.
«In questa fase temporanea e intensiva il microinfusore è molto utile, perché permette di ottenere ottimi risultati soprattutto a livello di insulinizzazione basale».
Lanciato nei primi anni ’90 e confermato da studi realizzati in Cina come in Israele e oggi discusso fra gli <I>opinion leader</I> della diabetologia italiana (vedi l’intervista a Francesco Giorgino sul numero 19 di Modus) l’approccio ‘intensivo e preventivo’ al diabete di tipo 2 in esordio è oggetto di grande interesse fra gli scienziati.
«Ma in fondo è una questione di buon senso», si schermisce la Ferraro.

Il microinfusore fa al caso mio?
Si chiama HREF=”http://www.microinfusori.it”TARGET=”out”>www.microinfusori.it</A> e contiene tutto quello che bisogna sapere su quelle che una volta erano chiamate pompe per insulina: diverse pubblicazioni, oltre 50 interviste a persone che utilizzano il microinfusore e a diabetologi che li prescrivono, un dizionario, risposte alle domande più frequenti… Inoltre da luglio su www.microinfusori.it troverete due nuovi contenuti nati a seguito di una precisa richiesta dei lettori.
‘Fa al caso mio’ aiuta a capire in quali casi e sulla base di quali criteri i diabetologi consigliano un microinfusore e dà utili consigli alle persone più motivate a intraprendere questa strada.
‘Doganiere ti scrivo’ è un servizio pensato per chi, portando un microinfusore, teme di avere problemi ai controlli di frontiera o di sicurezza negli aeroporti. Oltre a una breve guida questa parte del sito permette di scaricare e stampare delle lettere tradotte in inglese, francese, spagnolo, greco, turco e arabo che spiegano le esigenze della persona che porta un microinfusore.

In sintesi
– Il microinfusore mima il modo in cui il pancreas sano fornisce insulina al corpo.
– È sempre più utilizzato con successo nelle persone con diabete di tipo 1.
– Rarissimi sono i casi in cui il microinfusore è proposto a persone divenute insulinodipendenti per l’evoluzione del diabete di tipo 2.
– Questa differenza di trattamento è legata a questioni economiche ma anche ad aspetti educativi ed assistenziali.
– Per trarre il massimo dalla terapia insulinica la persona con diabete deve acquisire molte conoscenze e molte capacità e questo non avviene di frequente nel diabete di tipo 2.
– Se queste conoscenze sono presenti il microinfusore può essere adottato con successo sia nella fase avanzata del diabete di tipo 2 sia, temporaneamente, per intervenire sullo scompenso che si rileva alla diagnosi.

da Modus

Microinfusori e diabete di tipo 2: l’orizzonte della terapia?

Microinfusori e diabete di tipo 2: l’orizzonte della terapia? Pochissime persone con diabete di tipo 2 utilizzano il microinfusore, pur essendo in terapia insulinica. Per quale ragione? Certamente c’è un problema di costi, ma in parte è questione di tempo. E di educazione.

Il microinfusore è un modo per assumere l’insulina alternativo alla classica ‘penna’ o siringa. È uno strumento che, con grande precisione e continuità, rilascia insulina nell’organismo cercando di riprodurre l’attività del pancreas; per forma, dimensioni e peso può essere scambiato a prima vista per un cellulare. Il meccanismo, governato da un computer, è costantemente collegato al sottocute da un ago cannula.

Tra tipo 1 e tipo 2
Fino a oggi il microinfusore è stato proposto quasi solo a persone con diabete di tipo 1.
Eppure la maggioranza delle persone insulinodipendenti o insulinotrattate (cioè la cui terapia prevede assunzioni giornaliere di insulina) è tale a causa di un diabete di tipo 2.
Una discriminazione? «Il microinfusore è tutto sommato una novità e i diabetologi stanno iniziando ora, piano piano, a cogliere tutte le potenzialità di questo strumento», risponde Mariantonella Ferraro; «sulla carta e nella mia esperienza non vi sono ragioni di principio per negare a una persona con diabete di tipo 2 l’utilizzo di un microinfusore». Nei ‘suoi’ due ambulatori di diabetologia, la Ferraro ha applicato 75 microinfusori a ogni tipo di persone: dal giovanissimo all’anziano, compreso un ragazzo non vedente, un signore di 76 anni e una donna con diabete che ha partorito tre gemelli. «Se un paziente ha bisogno di insulina mi interessa poco sapere se ciò si deve a un diabete con questo o quel numero. Io gliela devo fornire, anzi devo fare in modo che sia in grado di garantirsi in ogni momento e autonomamente la quantità di insulina di cui ha bisogno».

Educare
Questo significa che il primo step è l’educazione. Un aspetto su cui tutti i Team insistono molto quando il paziente è di tipo 1 ma che invece è affrontato in maniera diversa nel caso di persone che hanno sviluppato il diabete gradatamente nel corso della loro vita.
La Ferraro, che si definisce «una di quelle maestre che fanno fare ancora i compiti a casa», chiede molto ai suoi pazienti, soprattutto a quelli candidati alla terapia con microinfusore. «Il microinfusore dà molto ma pretende molto. Per goderne i vantaggi in termini di miglior controllo glicemico, di complicanze e di qualità della vita occorre avere molte conoscenze e l’atteggiamento giusto».
Mariantonella Ferraro fa un esempio: «È come il computer, chi ha imparato a usarlo bene lo apprezza e lo trova utile, per chi invece non lo sa utilizzare è solo una fonte di problemi e seccature».

Conoscere
Secondo la diabetologa è importante che la persona con diabete anche di tipo 2 abbia un’ottima conoscenza dell’effetto che i farmaci e l’insulina hanno sul suo organismo e che faccia molti controlli della glicemia, «non solo nelle ore canoniche, al risveglio e dopo i pasti, ma in tutta la giornata». Ai pazienti la Ferraro consegna un foglio fitto di righe e colonne che riportano tutte le ore del giorno. Sembra lo schema di una partita di ‘battaglia navale’ e come in quel gioco, per indovinare dove si trovano le navi avversarie, occorre colpire a caso badando di non lasciare aree scoperte.

Le ‘materie di studio’
Tra le ‘materie’ insegnate ci sono i fattori di correzione, di sensibilità insulinica e il conteggio dei carboidrati. Tutte cose che permettono alla persona in insulina di riportare a norma un’iperglicemia o di adeguare la dose a quello che si sta per mangiare. Per capirsi, ai suoi pazienti Mariantonella Ferraro, che è formatrice AMD, propone come obiettivo che la glicemia a due ore dai pasti aumenti solo di 25 mg/dl dopo colazione, non oltre 50 dopo pranzo e non oltre 35 dopo cena. Per raggiungere questo obiettivo occorre un’educazione alimentare e al diabete di prim’ordine.
«Ma i risultati ci sono. Oggi sappiamo che non basta abbassare la media delle glicemie, dobbiamo anche evitare gli sbalzi glicemici che danneggiano il cuore, il rene e la retina. E il microinfusore rappresenta ad oggi il modo ideale per ottenere questo risultato».

da Modus 26/02/2008

C’è tutto un mondo intorno

La persona con diabete, soprattutto se usa un microinfusore, trae grandi vantaggi da un contesto supportivo nel quale il Servizio di Diabetologia, l’Associazione, la Asl e la Regione accolgono le sue esigenze e le prevengono, parlando il più possibile il suo linguaggio, come mostra l’esperienza fatta nella provincia di Reggio Calabria.

Intorno a ogni persona con il diabete che usa un microinfusore, intorno a tutti noi forse, esiste – o dovrebbe esistere – uno ‘spazio di sostegno’. Come certe reti che si usano per pescare, questo spazio è composto di cerchi concentrici, fittamente collegati l’uno all’altro. La famiglia, intorno a essa il Team diabetologico e intorno ancora un insieme di persone vicine per problemi e interessi, riuniti in una Associazione per esempio. A contenere il tutto un territorio e un quadro istituzionale attento e accogliente nei confronti di ogni forma di disagio.
Se questo è vero, in nessun luogo è meglio visibile che a Gallico e in genere nella provincia di Reggio Calabria. ‘Diabetologia’ a Gallico significa un ‘semplice’ ambulatorio nel Polo sanitario territoriale grande «nemmeno un metro quadro», come lo descrive Mariantonella Ferraro che lo dirige con un solo infermiere non a tempo pieno. Tra questo Ambulatorio territoriale e quello di Polistena, la Ferraro «messinese di Calabria», così si definisce, segue 5 mila persone con diabete, 58 delle quali in terapia con microinfusore, garantendo loro l’assistenza di una dietista, una psicologa, un medico, diversi infermieri e una serie di ‘tutor’ addirittura specializzati (uno per l’Accu-Chek H-Tron, uno per l’Accu-Chek D-Tron e presto arriverà anche l’esperto di Accu-Chek Spirit) e un programma di corsi di informazione, educazione sanitaria campi scuola e molto altro.
«Merito dell’Associazione», si schermisce la Ferraro, dimenticando di aggiungere che l’Associazione l’ha fondata lei circa cinque anni fa. Ci sarebbero da scrivere molti articoli su questa Associazione che riesce a procurarsi un elicottero per far sentire i suoi soci dei veri ‘Vip’, che fa i suoi campi scuola in crociera, che riesce a far riscrivere le normative regionali e ha perfino un nome tutt’altro che banale: Diabaino Vip Vip dello Stretto. Ma il tema di questa intervista è un altro.

Perché la persona con microinfusore ha bisogno di uno spazio di sostegno intorno a sé?
Perché è sola. Ha in mano un concentrato di alta tecnologia, ma ha bisogno di imparare a trarne il meglio. E chi la può aiutare meglio di qualcuno che condivida questa ‘partnership’ (così l’ha definita un mio paziente) con il microinfusore? Il mio è un piccolo ambulatorio, ma con una équipe eccezionale e sa perché? Tutti o quasi sanno in prima persona cosa è avere il diabete. Ed è per questo che scelgono di dedicare il loro tempo libero all’Associazione, aiutando le persone che vengono qui.

La generosità è importante, ma serve anche professionalità…
E ne abbiamo da vendere. Sono loro ad andare ai congressi ai corsi, siedono fianco a fianco con responsabili e membri di équipe diabetologiche, seguono corsi di formazione per imparare a spiegare al meglio, a instaurare un corretto dialogo. Soprattutto nelle prime settimane, per chi utilizza un microinfusore è importante avere a fianco persone che capiscono dall’interno cosa prova e che confrontano la sua con la loro esperienza.

Poi c’è un contesto più ampio: il territorio
A mio parere la Sanità territoriale è una risposta appropriata alla malattia cronica. Credo nella collaborazione con la Sanità ospedaliera ma anche nella prossimità fra paziente e struttura. Soprattutto se l’azione del servizio territoriale è potenziata, come nel nostro caso, dalla presenza di una Associazione. In più l’Associazione è in grado di porre le esigenze della persona con il diabete nel giusto contesto politico istituzionale.
Quindi le persone con diabete di tipo 1 hanno bisogno di unirsi per avere gli stessi diritti degli altri?
Certamente sì. Chi ha un problema di salute ha bisogno di una Sanità che funziona, ha bisogno di scelte politiche precise e la politica risponde solo se parli la sua lingua. Ma vorrei dire una cosa. Siamo sicuri che l’obiettivo di chi ha problemi di salute sia quello di ‘sentirsi come gli altri’? Vede, mia madre aveva una sartoria a Messina. Le sue clienti volevano gli abiti della moda di Parigi: di Balenciaga, di Dior. Allora non esisteva il prèt-à-porter, mia madre comprava i tessuti e doveva fare in modo che le sue clienti, alcune delle quali bassine e sovrappeso, si sentissero eleganti e raffinate come le mannequin che portavano quegli abiti nelle foto delle riviste di moda. E non era facile.

Ma perché queste donne non sceglievano abiti meno impegnativi?
È questo il punto! Perché non volevano sentirsi ‘normali’. Proprio perché non avevano il fisico di una modella, avevano bisogno e, secondo me, il diritto di sentirsi ‘speciali’.
 
da www.microinfusori.it intervista Dott. Mariantonella Ferraro

Due ponti sullo Stretto.

Nasce Pump Club dello Stretto Accu-Chek: una Pediatria universitaria e una Diabetologia territoriale collaborano strettamente per definire insieme un percorso di crescita della persona con diabete.

Il ponte che collega le due sponde dello Stretto di Messina è una realtà. Non è fatto di cemento, acciaio e cavi, ma non sono occorsi quarant’anni per progettarlo e costruirlo «ed è altrettanto utile, almeno per un importante gruppo di persone», commenta Mariantonella Ferraro responsabile del servizio di Diabetologia presso il polo sanitario territoriale di Gallico e quello di Polistena.
Il ‘ponte’ in questione si chiama Pump Club dello Stretto Accu-Chek e consiste in una doppia alleanza fra assistenza sanitaria calabrese e siciliana da una parte e fra la Pediatria di un Policlinico Universitario come quello di Messina e la Diabetologia territoriale della provincia di Reggio Calabria dall’altra.
Pump Club dello Stretto Accu-Chek parte da una realtà che vede da tempo moltissime persone calabresi con diabete seguite dall’èquipe del Dipartimento di Pediatria del Policlinico universitario di Messina, diretto dal professor Filippo De Luca. Arrivati a una certa età, i pazienti devono essere seguiti dalla struttura ‘degli adulti’. E a quel punto si indirizzano verso una struttura più vicina a casa. «Il passaggio del paziente dal Centro di diabetologia pediatrica al Centro di diabetologia ‘degli adulti’ è sempre un momento difficile», afferma Fortunato Lombardo, responsabile del Centro di Diabetologia pediatrica del Policlinico universitario di Messina, se il paziente usa il microinfusore, il problema in parte si semplifica, in parte si complica, «si tratta infatti di un paziente che dispone per forza di cose di un alto livello di educazione e di autonomia, ma d’altra parte il Pediatra vorrebbe esser certo che il suo paziente sarà seguito da una équipe che ha pratica nell’utilizzo della terapia con microinfusore».
Il giovane con diabete a sua volta teme un po’ il passaggio da una realtà che conosce bene, a una ignota. Pump Club dello Stretto Accu-Chek vede lavorare in stretta collaborazione la Pediatria messinese con diverse realtà della diabetologia degli adulti calabrese. «Fra la realtà della pediatria e la nostra ci deve essere contiguità e continuità», sottolinea Mariantonella Ferraro, «sul piano umano prima ancora che burocratico-assistenziale. Importa poco che sull’intestazione della ricetta o della cartella clinica ci sia il marchio della regione Calabria o di quella Siciliana, importa invece che Team pediatrico e Team degli adulti siano partner nella definizione di un percorso che aiuti i giovani a divenire adulti responsabili, informati ed educati nel gestire una patologia cronica dalla quale non si guarisce ma che si può curare e renderli liberi di vivere con il diabete senza discriminazione alcuna», afferma la Ferraro, coordinatore regionale delle associazioni che fanno parte della Fand Calabria.
Sembra ovvio, ma ovvio non è «nella realtà dei fatti le collaborazioni strutturate fra pediatri e diabetologi degli adulti sono l’eccezione, non la regola». E questa è la prima volta che una collaborazione stretta viene instaurata fra centri che appartengono a due Regioni diverse; la prima volta che avviene nel corso di incontri non solo aperti ai pazienti ma nei quail i pazienti sono protagonisti e da ultimo, la prima volta che un Centro universitario collabora così strettamente con un ambulatorio territoriale, due strutture che in teoria dovrebbero trovarsi agli estremi opposti.
«La realtà che ho trovato nei Team di Gallico e Polistena dimostra che oggi un ambulatorio può avere un team che, per ampiezza e competenza non ha nulla da invidiare, a quelli di una struttura di terzo livello come un ospedale universitario», commenta Lombardo.
Promosso da Diabaino Vip Vip dello Stretto, una Associazione affiliata Fand con sede a Reggio Calabria che riesce a raccogliere soci su entrambe le sponde dello stretto, e non solo, il Club è nato ufficialmente il 10 ottobre durante un incontro organizzato sulla sponda calabra ma a pochi passi dal traghetto che unisce Villa San Giovanni a Messina, alla presenza del professor De Luca, del responsabile del team messinese Lombardo, di tutto il team dei due ambulatori diretti dalla Ferraro, di circa 50 persone con il microinfusore, dai 4 ai 65 anni, e del Direttore generale della Asl 11 calabrese.
Hanno partecipato anche il coordinatore scientifico della Diabaino Vip di Gallico, Alessio Rosato; la diabetologa Achiropita Pucci, responsabile scientifica della Diabaino di Acri e Olga Misiti responsabile scientifico della DiaBelvedere. Incontri come questi si tengono ormai da anni sotto l’egida dell’associazione Diabaino, «e altri incontri avvengono nell’ambito dei soggiorni educativi», ricorda la Ferraro, che è nata a Messina ma vive da tempo dall’altra parte dello Stretto, «spesso realizzati insieme, proprio per dare forma a quella continuità di rapporto all’interno della quale avviene lo sviluppo della persona», conclude, «e per persona non intendo solo il paziente ma anche noi medici».
Da MODUS ON LINE

Riti di passaggio

La ‘comunità’ è protagonista nel protocollo messo a punto dal Servizio di Diabetologia del Polo Sanitario Territoriale Gallico. Grazie ad appositi corsi di formazione, la locale Associazione DiabainoVip, ha espresso dei tutor che affiancano la persona con diabete nel passaggio al micorinfusore.

Nello studio del Diabetologo il paziente entra da solo, tuttalpiù con un parente. Ma nessuno è solo, nessuno deve esserlo. «Il successo di qualsiasi intervento terapeutico dipende – ed è questa la variabile che spesso fa fallire terapie ‘da manuale’ – dalla rete di sostegno che si è creata intorno alla persona con diabete», afferma Mariantonella Ferraro, responsabile del Servizio di Diabetologia del Polo Sanitario Territoriale Gallico nella ASL11 Reggio Calabria, «nella situazione ideale, questa rete è trasparente, dialoga in armonia con il resto del Team diabetologico, ne condivide i saperi e mette in comune le emozioni, diviene insomma uno strumento di cura».
Quella dei Servizi di Diabetologia di Gallico e Polistena, è per certi versi la situazione ideale. Il merito è anche di una associazione dal nome greco: Diabaino al quale è aggiunto per ben due volte Vip: «Ogni paziente è un vip, una very important person, che fa parte integrante del Team diabetologico e veramente importante è la patologia da conoscere e monitorare e questo si fa salpando con una barca – logo dell’associazione- nel meraviglioso stretto tra Scilla e Cariddi che è l’ottava meraviglia del mondo», afferma Maria Antonella Ferraro, responsabile scientifico della Associazione.
«Dire che l’Associazione fa parte del Team non è solo una bella frase. L’Associazione diviene davvero strumento di cura solo svolgendo compiti precisi e determinati, facendo parte insomma del percorso di cura del paziente», spiega Gabriella Violi attivissima presidente dell’associazione e dietista del Team diabetologico, «nel caso del percorso di iniziazione alla terapia con microinfusore per esempio, l’Associazione ha espresso quattro tutor, due dei quali lavorano part time e ricevono un compenso in base a una convenzione fra Servizio di Diabetologia, Associazione e Regione Calabria».
Nel 2007 Diabaino ha organizzato un corso di formazione per tutor: otto pomeriggi per un totale di 16 ore, al quale hanno partecipato una ventina di volontari. I primi si sono formati con un percorso ad hoc svolto sia all’interno sia all’esterno della ASL reggina.
«Il tutor partecipa in modo preciso al percorso di assistenza e cura che porta al microinfusore», afferma Santina, «dal momento in cui la diabetologa ritiene che il passaggio al microinfusore possa aiutare una persona a gestire meglio il diabete e la sua vita, inizia un ciclo di incontri fra il paziente, noi tutor, con la dietista e con lo Specialist della Casa produttrice. Ciascuno ha un suo ruolo. La dietista ripassa le cognizioni alimentari e insegna il calcolo dei carboidrati, lo Specialist della Casa impartisce un addestramento preciso all’uso del microinfusore. Noi tutor facciamo il resto», nota Giusy, che segue i pazienti ai quali è stato prescritto il modello Accu-Chek D-Tron Plus.
Il ‘resto’ significa in primo luogo ascoltare. «Nell’assistenza alla persona con diabete ci sono due elementi che per forza di cose un classico Team fa fatica a garantire. l’ascolto e l’amore», spiega Giusy. «Ascolto significa dare la possibilità a una persona di parlare. Magari anche di lamentarsi, «Frasi come: “Ma cosa mi è capitato!”, “Ma che brutta bestia!”, “Ma perché proprio a me?” Sono cose che tutti abbiamo pensato e tanto vale condividerle», ricorda Santina che ha il diabete da circa 35 anni ed è tutor per Accu-Chek Spirit. L’amore parte dall’ascolto e va oltre. Certo ognuno di noi ha o deve sviluppare, rapporti di amore al di fuori del Team diabetologico per quanto allargato, ma un’associazione offre un’occasione unica: essere amato non ‘nonostante’ il diabete, ma proprio ‘grazie al’ diabete.
Il passaggio dalla terapia multiniettiva al microinfusore sottintende un salto di qualità nel rapporto fra la persona e il diabete. «Finché la terapia consiste in interventi ‘esterni’ come le iniezioni, puoi anche cercare di convivere con il diabete senza accettarlo. Ma quando hai il micro, i problemi di accettazione saltano fuori, è normale che sia così». Non è facile gestire questa fase. A volte si tratta di persone che da 10, da 20 o da 30 anni vivono a fianco del loro diabete senza incontrarlo, «c’è bisogno di un clima di accoglienza, di amore perché questa evoluzione avvenga nel miglior modo possibile», sottolinea Santina.
Spesso le persone che stanno contemplando la possibilità di passare al microinfusore sono invitate a una o più delle numerose iniziative che DiabainoVip organizza fuori dall’ambulatorio, «si tratta di un momento bello e importante nel ‘percorso’», nota Santina, «una cosa è sentirsi dire “Guarda il microinfusore è semplice”, un ‘altra vedere un anziano o un bambino che lo usano tranquillamente. Una cosa è leggere o sapere che il microinfusore offre flessibilità, un’altra vedere la tranquillità e la libertà con la quale le persone che lo usano vivono la loro vita».

 a cyre di Alberto Pattono