PREVENZIONE PIEDE DIABETICO

Nella struttura corporea i piedi rivestono un ruolo fondamentale,quello di sorreggerla e di farlo bene indipendentemente dalle dimensioni umane. Si capisce bene,dunque,quanto sia importante prendersene cura soprattutto quando si è affetti da una malattia cronica come il Diabete Mellito.Infatti Piede Diabetico è il nome che definisce una tra le tante complicanze di questa malattia La  ridotta sensibilità agli stimoli dolorosi o la cattiva circolazione, causa di un cattivo compenso glicometabolico,possono portare alla comparsa di piccole ulcerazioni alle dita o alla pianta del piede che, se non curate in tempo, possono complicarsi fino a richiederne la amputazione.Ancora oggi,purtroppo, nonostante una coscienza medica più attenta ed i progressi tecnologici,i casi di piede diabetico non sono poi così rari.

La prevenzione resta sempre la migliore arma a disposizione della persona con Diabete , piccole “buone maniere” di vita quotidiana possono aiutare ad evitare l’insorgenza di questa complicanza. A questo punto mettiamo a disposizione del lettore piccoli e semplici accorgimenti.

  1. Lavare quotidianamente i piedi  con acqua tiepida e sapone neutro e asciugare delicatamente ma accuratamente anche fra le dita dei piedi; utilizzare infine una qualsiasi crema ammorbidente.
  2. Ispezionare tutti i giorni anche la pianta del piede ,se serve aiutarsi con uno specchio.
  3. Tagliare le unghie con forbicine a punte smusse o meglio con lime di cartone, le unghie devono essere tenute dritte
  4. Usare scarpe comode e morbide, controllare lo stato di usura anche all’interno; non indossare  scarpe nuove per periodi troppo lunghi
  5. Se compaiono lesioni contattare subito il proprio Medico o il Centro diabetologico di riferimento
  6. Non applicare borse di acqua calda o riscaldare i piedi appoggiandoli direttamente su fonti di calore.
  7. Non effettuare lavaggi o pediluvi troppo prolungati o con acqua troppo calda (verificare la temperatura con il gomito, non superiore a 37°)
  8. Non calzare scarpe strette, rovinate, sandali o zoccoli che possono provocare lesioni
  9. Non usare calze rammendate o troppo ruvide
  10. Non camminare a piedi nudi o su superfici troppo calde (spiaggia, bordo della piscina)
  11. Non tagliare le unghie da solo se si ha problemi di vista
  12. Non usare sostanze chimiche in presenza di calli.

Tra le complicanze che si associano al diabete, quelle che interessano il piede fanno pagare il tributo maggiore sia per gli individui (il 40-60% di tutte le amputazioni non traumatiche degli arti inferiori sono effettuate in diabetici) sia per la società (prolungata ospedalizzazione, riabilitazione, necessità di assistenza domiciliare, assistenza sociale, perdita della capacità lavorativa).

E allora non ci resta che salvaguardare i nostri piedi attraverso l’educazione del singolo e della società e attraverso l’unica terapia a nostra disposizione: la prevenzione.

 

I.P. Giusy Iacopino

Neuropatia Diabetica

La neuropatia diabetica è la forma più comune di neuropatia periferica, è caratterizzata da un quadro clinico complesso ed eterogeneo la cui patogenesi è ancora incerta ed è di difficile approccio terapeutico .

La neuropatia è una complicanza costantemente presente nel ‘piede diabetico’ infatti sono rarissimi i pazienti con ulcerazione del piede in assenza di grave neuropatia. Il 40-70% di tutte le amputazioni delle estremità  inferiori è correlata al diabete mellito.

Molti pazienti diabetici perdono la sensibilità a livello dei piedi, possono sviluppare deformazioni e possono non rendersi conto di ripetuti microtraumi o di lesioni della cute del piede; calzature non idonee o non adoperate a sufficienza costituiscono la causa maggiore di ulcerazioni traumatiche del piede.

Riconoscere i pazienti affetti da neuropatia è importante ai fini della prevenzione del piede diabetico, la Consensus Conference di San Antonio (1988) ha definito i parametri da esaminare per porre diagnosi di neuropatia diabetica:
• valutazione dei sintomi
• valutazione dei segni obiettivi
• rilievo quantitativo della sensibilità
• valutazione della funzione vegetativa
• approfondimento elettrofisiologico

Tra i parametri considerati l’approfondimento elettrofisiologico viene giustamente riconosciuto il più sensibile, specifico e ripetibile con significatività superiore a quella degli altri parametri. Il ruolo dell’elettromiografia è fondamentale nella valutazione della neuropatia diabetica ma, vista la mole della popolazione diabetica, non è possibile pensare di controllare di routine la funzione nervosa periferica in tutti i pazienti diabetici: l’EMG è indicata in tutti i soggetti diabetici nei quali siano presenti elementi anamnestici o clinici tali da far sorgere il sospetto di interessamento del sistema nervoso periferico, questo sospetto a mio parere. deve essere anche molto vago e gli elementi che lo inducono appena accennati: la neuropatia è infatti presente clinicamente solo nel 20-30% dei diabetici, ma i segni elettrofisiologico di un’alterata conduzione nervosa alterata sono presenti almeno nel 75-85% della popolazione diabetica. Spetta comunque al diabetologo  la prima formulazione del sospetto neuropatico e la richiesta di ulteriori approfondimenti elettrodiagnostico.

Dott. Emira Dal Moro
Serv. Diabetologia ed Endocrinologia
A O Bianchi, Melacrino Morelli
Reggio Calabria

Ruolo dell’infermiere nella cura del piede diabetico

Nel corso dell’attività di ambulatorio del piede diabetico, l’infermiere svolge di volta in volta ruoli diversi, in buona parte dipendenti dai suoi interessi professionali, sebbene sia posto sempre in primo piano l’aspetto educativo. Esso ha un ruolo fondamentale nella complicanza del piede, sia nella prevenzione primaria che in quella secondaria dei soggetti a rischio di ulcerazione e/o di amputazione. Nel programma di educazione non bisogna soltanto fornire informazioni, ma anche stimolare e motivare i pazienti ad un controllo continuo dei loro piedi. Gli interventi educativi possono essere esercitati durante la pratica medica quotidiana, mentre il paziente controlla la sua glicemia, oppure in attesa dell’arrivo del diabetologo. E’ questo un momento di estrema importanza, in cui il rapporto tra paziente e infermiere si intensifica sempre di più, in cui il paziente si confida liberamente. L’infermiere deve saper riconoscere questi aspetti psicologici, capire che il diabetico necessita di un ambiente quasi familiare nel quale poter discutere i possibili problemi, i dubbi, gli interrogativi che quotidianamente gli si presentano. Deve inoltre saper sfruttare il tempo per informare ed educare il paziente, rendendolo consapevole dei rischi cui potrebbe andare incontro. Interventi particolari vengono effettuati per i pazienti a rischio, come quelli che hanno già avuto un’ulcera, e per chi è al di fuori dei Servizi di Diabetologia (sensibilizzando i medici di base, coinvolgendo le associazioni di volontariato, i mass media, ecc). Il rapporto di fiducia che si instaura tra paziente e infermiere, che può richiedere molto tempo, rappresenta il deterrente che spinge  il primo a cambiare modalità di comportamento. Quotidianamente noi diamo istruzioni basilari sulla cura del piede e consigli sui segni di allarme e sulla cura delle ulcere. Solitamente i consigli verbali vengono integrati da consigli scritti, mediante modelli prestampati e diapositive. Inoltre, ai soggetti che non presentano segni di rischio, vengono date informazioni sulla patologia della  complicanza e istruzioni su come trattare quotidianamente i propri piedi. Il problema della complicanza “piede”, deve essere sempre tenuto presente dal personale che opera nel Servizio di Diabetologia, per non incorrere, poi, in brutte sorprese che possono determinare un ricovero e spesso un’amputazione. Bisogna ricordare che per il paziente non ben informato, può passare del tutto inosservata una lesione al piede, che potrebbe essere invece l’inizio di un’ulcera. Spesso accade che il soggetto interessato, che ha deformità del piede, porta scarpe troppo strette che, per la presenza di una neuropatia autonomica non fanno sentire dolore. L’infermiere deve valutare attentamente queste caratteristiche, non solo durante la seduta, ma soprattutto nelle prima fase del controllo metabolico routinario, fase in cui il rapporto tra i due soggetti coinvolti diventa aperto e confidenziale. Un altro aspetto importante del ruolo dell’infermiere, nell’ambulatorio del piede, è la sua efficiente partecipazione all’attività di diagnosi e terapia chirurgica. Nella sedute, egli si adopera nella determinazione della soglia di percezione vibratoria, tramite biotesiometro e nella registrazione, dietro prescrizione del diabetologo, delle pressioni plantari mediante pedana podobarografica. In tal modo i tempi di attesa si accorciano, perché la valutazione clinica e strumentale dei piedi si esegue contemporaneamente su due pazienti. Il diabetologo avrà solo il compito di analizzare e commentare i due esami eseguiti dall’infermiere, risparmiando così, per ogni paziente, circa 30 minuti. Molti pazienti, nelle sedute, si presentano con problematiche cliniche che necessitano di un atteggiamento terapeutico cruento delle lesioni. Nella maggior parte dei Servizi di Diabetologia, non solo della Calabria, la figura del podologo non è assolutamente presente. Ai pazienti viene data l’indicazione di rivolgersi a una figura professionale operante normalmente sul territorio come”libero professionista privato”, chiamato ESTETISTA. Spesso però, per motivi legati a difficoltà economiche del soggetto e per una inadeguata preparazione del professionista, il paziente viene da noi speranzoso di poter vedere risolto il suo problema: onicomicosi o unghie incarnite, diabetologo, l’infermiere non soltanto segue le varie tappe della terapia medica locale fino alla medicazione conclusiva, ma spesso prende parte attiva alla pulizia delle unghie, istruendo il paziente sul modo più corretto di tagliarle, sul tipo di forbici e di raspette da usare. Infine, negli interventi di currettage di ulcere neuropatiche, dell’avampiede o soprattutto calcaneari, l’infermiere diventa braccio destro del diabetologo. E’ necessario che mantenga il carrello chirurgico sempre attrezzato, con i ferri sterili, con le scorte di medicazione sempre pronte. Insomma, prende parte attiva alla pratica terapeutica come il chirurgo col suo ferrista. Quanto detto finora nasce dalla mia esperienza diretta di 13 anni di attività di ambulatorio del piede diabetico. Anni che hanno fatto crescere la sottoscritta e la signora Silvana Siciliano, seconda infermiera professionale che opera nel nostro Servizio di Diabetologia. Un’esperienza che ci stimola sempre di più, che ci vede giornalmente protagoniste in un’opera di prevenzione che qualifica l’infermiere come figura professionale basilare nel nuovo concetto di aziendalizzazione della Struttura Sanitaria.

Anna Semaforico
(infermiera professionale presso l’Ospedale HP – UO diabetologia di Paola

Il piede diabetico

Vi siete mai soffermati a pensare a quanto lavorano i nostri piedi? Basti pensare che giornalmente essi ci permettono di sostenere il nostro corpo, di camminare, di fare attività sportiva. Come se ciò non bastasse, spesso stanno in scarpe strette e scomode e tendono  a sudare, arrossarsi, fino a creare vescicole o piccole piaghe che sfociano nelle famose callosità. Se tale processo si verifica su un soggetto sano, questi avverte l’alterazione come un semplice fastidio, ma se la stessa cosa si dovesse verificare su un soggetto con diabete mellito, ciò potrebbe essere il preludio alla patologia etichettata come il “piede diabetico”. Questa affezione può essere causata da alterazioni metaboliche, circolatorie o neurologiche. Infatti, nei soggetti con diabete mellito la circolazione periferica tende a diminuire e la glicemia ad essere instabile, tanto da causare una variazione della sensibilità dei nervi. Il tutto si riflette negativamente sulla pelle, che diventa secca e si screpola, come se si verificasse una vera e propria “desquamazione cutanea”. Per tale motivo, il piede del paziente diabetico diventa vulnerabile a traumi ed infezioni. Inoltre, una scarsa ossigenazione dei tessuti associata all’iperglicemia, causa una ridotta cicatrizzazione che indebolisce le difese immunitarie, aumentando la vulnerabilità nei confronti di virus e batteri miceti. La neuropatia diabetica porta a una riduzione della sensibilità dolorifica, per cui, il diabetico che ne è affetto, molte volte non avverte e quindi non tiene conto delle piccole trasformazioni cutanee che colpiscono il piede. Così, il livello di attenzione basso e le alterazioni glicemiche, portano ad una serie di modificazioni che aprono la porta a questa subdola patologia.
Consigli utili
per vivere meglio
Suggerimenti  per i viaggiatori
Se siete diretti verso paesi caldi, dovete ricordare che l’insulina può essere assorbita più velocemente, quindi deve essere presa lontano dal contatto diretto con la luce del sole, attenzione alle strisce reattive per la glicemia potrebbero dare dei valori sbagliati a causa del calore elevato. Ricordate inoltre di utilizzare un’elevata protezione solare, di non camminare scalzi sulla sabbia, ma di indossare scarpe comode,  per non creare lesioni alla pelle dei piedi e di bere molti liquidi per recuperare quelli persi con la traspirazione. Se invece siete diretti verso paesi più freddi, ricordate di non conservare l’insulina dentro al frigorifero per non farle perdere i principi attivi e di stare sempre attenti ai valori delle striscette che potrebbero essere troppo bassi per la minore temperatura.

Non dimenticate di mettere in valigia:
Tesserino del diabetico; certificato del diabetologo;
farmaci ipoglicemizzanti, insulina,
Iniettori automatici/isiringhemonouso,
scorta di cibo per il viaggio(soprattutto carboidrati a rapido assorbimento);
disinfettanti; glucagone; materiale necessario per l’autocontrollo ; altri medicinali per eventuali emergenze.
Arteriosclerosi e prevenzione
a cura del Dott. Giuseppe Luppino, Angiologo

L’arrivo degli americani nel 1945, al suono del boogi- woogie e al piacevole aroma delle loro sigarette bionde, ben diverso da quello acre delle nostre Milit autarchiche e nere, creò il primo impatto con quei giovanottoni dal sorriso alla Van Johnson e dall’aspetto ben nutrito, che noi mettevamo in rapporto all’opulenza di origine, diversa da quella delle nostre popolazioni in eterna ristrettezza. Scoprimmo poi, che quella loro aria scanzonata era totalmente vera e non racchiudeva alcun tormento, almeno di quelli che avevano i nostri soldati, che si chiedevano il perché di tutto quel casino e nel contempo cercavano di arrangiarsi…Se qualcuno però in quel momento avesse fatto, a loro e ai nostri, un Eco- Doppler o qualche esame sofisticato, che solo oggi abbiamo a disposizione, avrebbe scoperto che le arterie di quei giovanottoni ben pasciuti erano più logorate di quelle dei nostri, reduci dalle privazioni dei campi di concentramento. Infatti, quando qualche anno dopo si studiarono i poveri corpi di altri giovanottoni caduti sul fronte della Corea e poi del Vietnam, si scoprì che le loro coronarie mostravano già i segni di importanti lesioni arteriosclerotiche. Queste osservazioni concordano pienamente con quelle fatte più recentemente da Thiene a Padova su ragazzi normali morti per cause accidentali o con quelli di Tuzcu in viventi normali, individuate con la tecnica degli ultrasuoni. In quest’ultima indagine si è documentato che vi erano evidenti lesioni coronariche nel 17% dei teenager, nel 37% fra i 20 e i 30 anni, nel 60% fra i 40 e i 50 anni, e nell’85% oltre i 50 anni. Il dato più curioso è che tali alterazioni arteriosclerotiche potevano non essere accompagnate da un chiaro aumento del colesterolo, come ci si sarebbe dovuto aspettare e che solo l’8% dei soggetti con questi segni ecodoppler aveva un qualche altro segno clinico di malattia. Ma attenzione, quel dato sul colesterolo vuol solo significare che il tasso di colesterolo a cui siamo sensibili, è variabile da caso a caso e la sua importanza è fuori discussione. Come dimostra il fatto che il 50% dei feti di madri con ipercolesterolemia, in gravidanza mostra già strie grasse nella parete della loro aorta e una più rapida progressione dell’arteriosclerosi con l’età. E come dimostra l’altro fatto più importante, che abbassare il colesterolo con la dieta e con i farmaci ben collaudati, riduce il rischio di ammalarsi. Allo stesso modo, la non comparsa di eventi cardio- vascolari nel 92% di coloro che hanno la parete arteriosa compromessa, sta solo a significare  che non sono importanti soltanto le lesioni di grado maggiore, ma che esistono anche  altri fattori di rischio cardio- vascolare, come l’ ipertensione, il diabete, il  fumo di sigaretta e forse perfino una componente infiammatoria e non ultimo, come in tutte le cose e come dicono i giovani di oggi, la sfiga. Da queste considerazioni si evince che l’obiettivo principale nell’ambito angiologico, resta la prevenzione. Questa può essere attuata sia individuando,  con le moderne metodiche doppler ed eco-color-doppler , le lesioni iniziali della malattia arteriosclerotica delle arterie degli arti inferiori e delle carotidi, sia   pianificando la prevenzione agendo sui comuni fattori di rischio sopra descritti. 

Dot. Alessio Rosato