Diabaino News – Presentazione progetto “Zuccherolandia”, le interviste

A margine della conferenza stampa di presentazione del progetto Diabaino “Zuccherolandia”, svoltasi in occasione della Giornata Nazionale del Diabete, abbiamo intervistato Emilio Augusto Benini (vicepresidente nazionale FAND), Gabriella Violi (presidente Diabaino e Consigliere FAND) e Rosario Previtera (presidente Kiwanis “Fata Morgana”).

 

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Diabaino News – Intervista con Sergio Petrillo

A margine del convegno Diabaino sull’applicazione del Piano Sanitario Regionale in relazione al diabete, abbiamo intervistato il Dott. Sergio Petrillo, Responsabile  Tavolo Tecnico Regione Calabria.

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Diabaino News – Progetto “Viaggio in Zuccherolandia”

Venerdì 4 Ottobre 2019 alle ore 9,30 presso Palazzo del Consiglio Regionale della Calabria di Reggio Calabria, presso la sala Giuditta Levato, si  terrà la conferenza stampa per  la Giornata Nazionale del Diabete FAND, e la presentazione del Progetto  “Viaggio in Zuccherolandia”, un fumetto dedicato ai più piccoli ma non solo, realizzato dal fumettista reggino Antonio Federico.

 

Diabaino News – Attività fisica e diabete mellito

Il diabete come le problematiche cardiovascolari, sono le malattie della società del benessere, causate da un’alimentazione troppo ricca e uno stile di vita sedentario. Si calcola che in Italia oggi: 3 milioni di persone abbiano il diabete di tipo 2 e siano diagnosticate e seguite (il 4,9% della popolazione), 1 milione di persone abbiano il diabete di tipo 2 ma non siano state diagnosticate (l’1,6% della popolazione) e 2,6 milioni di persone abbiano difficoltà a mantenere le glicemie nella norma, una condizione che nella maggior parte dei casi prelude allo sviluppo del diabete di tipo 2 (il 4,3% della popolazione). Si prevede che nel 2030 gli italiani con diagnosticato il diabete saranno 5 milioni. Dati preoccupanti.
Per questo è importante prestare attenzione alla dita e inserire l’attività fisica nella propria giornata. Lo sport è come un farmaco e come tale va “somministrato” con modi, tempi e dosaggi giusti.

Uno dei consigli pratici più semplici da seguire per il diabetico è quello di inserire la propria attività fisica all’interno della routine della giornata. Basta adottare soltanto dei piccoli accorgimenti. L’esercizio fisico dovrebbe essere svolto quotidianamente, alle ore più idonee in relazione ai pasti e alla somministrazione insulinica o quando è più opportuno ridurre la glicemia. Così facendo, l’attività fisica contribuirà ad abbassare la glicemia e contemporaneamente determinerà un effetto positivo anche sul benessere generale dell’individuo, contribuendo altresì alla prevenzione delle malattie cardiovascolari.

Per iniziare un’attività fisica non occorre strafare: cominciamo, ad esempio, a camminare di più ed a non utilizzare l’ascensore fino al terzo piano, per poi aumentare di un piano (sempre a piedi) ogni settimana successiva, fino a compiere l’intera salita senza l’ascensore; con un po’ di allenamento non ansimeremo più e ci sentiremo meglio. L’allenamento, infatti, è molto importante in quanto favorisce l’adattamento progressivo allo sforzo da parte del sistema circolatorio, del metabolismo e dell’apparato muscolare.

Quando si cammina occorre farlo con ritmo regolare, senza strappi o accelerazioni, respirando profondamente e regolarmente mentre si cammina.
È consigliabile iniziare con 15 minuti di camminata al giorno, aumentando di 5 minuti ogni giorno, fino ad arrivare a 1 ora di cammino giornaliero. L’ideale sarebbe farlo in un parco, in un bosco o in una zona alberata. Quando si è in grado di camminare 1 ora senza sentirsi stanchi si può provare ad aumentare il ritmo della camminata.

Un buon metodo di controllo del proprio corpo è la verifica del battito cardiaco, che si può effettuare ponendo il dito sul polso o sul lato della trachea in corrispondenza dell’arteria giugulare.
Durante l’esercizio fisico, le pulsazioni non devono mai superare:

140 battiti al minuto nei soggetti con meno di 30 anni

130 battiti fra 30 e 50 anni

120 battiti dopo i 50 anni

Oltre questi livelli bisogna ridurre lo sforzo e, se la frequenza non scende, occorre fermarsi e riposare. Se dall’attività fisica si volesse passare allo sport vero e proprio occorrerà parlarne con il proprio medico, valutando il tipo di sport e le precauzioni necessarie.

 

dott.ssa Cristina Campolo

Specialista in Endocrinologia

 

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Diabaino News – Festival Scirubetta, arriva il gelato “TiramiNdujasù”

Seconda edizione di “Scirubetta – Il Festival del gelato artigianale” con una protagonista d’eccezione per noi della Diabaino. Una delle postazioni è stata infatti occupata da Antea Godano, amica dell’associazione, originaria di Spilinga, paesino del vibonese. Sì, perché Antea è una gelataia di successo che, nella kermesse che ha animato per quattro giorni il lungomare di Reggio Calabra, ha proposto una idea molto particolare: il TiramiNdujaSù.

«L’ho ideato appositamente per il Festival Scirubetta – esordisce Antea -. Il TiramiNdujaSù altro non è che la versione calabrese del tiramisù. È un tiramisù classico con variegato al cioccolato con dentro della Nduja di Spilinga, mio paese di nascita, che è proprio la patria della Nduja. I riscontri sono più che positivi, siamo contenti».

Antea ci parla in alta tenuta, con camice e copricapo d’ordinanza, mentre i visitatori fanno la fila per assaggiare questo gelato artigianale dal nome stuzzicante.

«Le persone che lo hanno assaggiato rimangono piacevolmente colpite dal gusto – prosegue la gelataia -. Il piccante è solo accennato e si apprezza solo nel finale dell’assaggio».

L’idea di questa “ricetta” nasce in modo quasi spontaneo.

«Dovevamo portare un gelato con un ingrediente tipico calabrese e quindi ho subito pensato alla Nduja – racconta Antea -, venendo da Spilinga non potevamo immaginare di scegliere un altro prodotto, anche perché la produciamo noi stessi. Non è stato semplice trovare il giusto equilibrio ma ci sono riuscita. All’inizio si percepisce solo il sapore del tiramisù, alla fine c’è un ritorno piccantino».

Nonostante nel gelato sia presente, per sua natura, lo zucchero, nel TiramiNdujaSù le percentuali sono basse.«Un gelato completamente senza zucchero non si può fare, se non altro perché ha un potere anticongelante – spiega la gelataia -, ma con le giuste dosi si può realizzare un prodotto con meno zucchero».

Antea confessa che proprio “grazie” al diabete oggi è un’affermata gelataia. E, su suggerimento della Diabaino, ha provato a creare il gelato al Goji.

«La mia passione per il gelato e la pasticceria è arrivata come una reazione positiva all’insorgenza del diabete – dice ancora -. E il gelato al goji nasce da una proposta della Dott.ssa Ferraro, l’ho sperimentato proprio per la Diabaino. I soci sono venuti a Spilinga per assaggiarlo ma io l’ho proposto anche ai miei clienti ed è piaciuto molto».

Il villaggio Scirubetta sta per chiudere i battenti e dare appuntamento all’anno prossimo ma Antea Godano ha già vinto. «Il successo, al di là dell’affermazione o meno all’interno del Festival, è quello di aver portato un gusto difficile, quasi un azzardo – conclude –, ma ha riscosso un grande successo, la gente si è proprio divertita ad assaggiare il nostro TiramiNdujaSù».

 

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Diabaino News – Essere visti come un diverso può dare molto fastidio

Avvertenze prima dell’uso: nell’articolo che segue di filosofia ve ne è poca, lo scrivente tra l’altro non si ritiene un filosofo. Nel mondo giornalistico solo pochi potevano scrivere un articolo in prima persona, come ad esempio Gianni Brera, l’avvocato giornalista Mimmo Ferraro, chi scrive è costretto in questa sede a farlo per un paio di motivi, in primo luogo per una migliore confidenzialità del racconto e in secondo per evitare di usare modi verbali in modo pedestre…

Antefatto: essere visti come un diverso può dare molto fastidio, irritare. Ricordiamo che i diversi per la nostra sono i colored, gli ebrei, gli zingari, i disabili, i testimoni di Geova, i gay, le lesbiche, i trans… I diversi che hanno un marchio visibile e soprattutto invisibile agli occhi dell’altro, siamo più farisei che pubblicani. Andiamo ai fatti: quest’estate mi trovavo in un parco acquatico. Dopo aver pagato il biglietto ed aver effettuato l’ingresso, mi ero accorto di aver dimenticato alcune cose necessarie per lo svago in auto. Subito faccio dietrofront e mi avvio al parcheggio ma vengo fermato all’entrata da un body-guard che ascolta la mia necessità ma senza preavviso mi prende il polso e stampa un timbro, spiegandomi che così al ritorno fossi riconoscibile. La rimostranza è stata abbastanza veemente e asserivo di essere trattato alla stregua di un ebreo (etnia che da sempre  rispetto e stimo soprattutto per la loro intelligenza!) in procinto di essere trasferito in un campo di concentramento. Finalmente mi sdraio nel mio lettino balneare, riflettendo che i nazisti hanno fatto scuola! Ma la mia reazione? La mia reazione era dovuta a un evento accadutomi negli anni 90 e fatto che mi ha segnato. Campitello Matese, estate 1996: sono accompagnatore di un gruppo di turisti. È una domenica, per il pranzo si doveva andare in un altro albergo causa l’indisponibilità del proprio albergo. Ovviamente nella sala antistante al ristorante si crea una fila molto lunga. Ad un tratto vedo uscire dalla fila un anziano signore, si siede in una sedia urlando e piangendo disperatamente.

“Gabriele cos’e successo che hai?”

“Non ce la faccio a stare in fila, mi ricorda un momento tristissimo della mia vita. È il 30 marzo 1944, due giorni prima c’era stato l’attentato di via Rasella. Io lavoravo nel municipio di Roma. Vengo arrestato insieme ad altri colleghi perché le SS sospettavano che fossimo collaboratori degli attentatori.”

Sentendo l’inizio del racconto di Gabriele, mi siedo accanto a lui, mi tremavano le gambe al pensiero di quello che aveva passato. Invito così Gabriele a continuare il suo racconto.

“Quel giorno ci misero in una camionetta, ammassati come bestie, dovevano portarci in Germania e presumibilmente in un campo di concentramento. A Firenze, sosta, ci buttano dentro uno stanzone e lì siamo stati marchiati con un piccolo grande punto ed il numero di matricola”.

Feci altre domande a Gabriele ma la cosa che mi incuriosiva di più era il sapere di come fosse riuscito a sopravvivere.

“Sono stato molto fortunato, ci fu un attacco alla colonna  in prossimità di Bologna. Alcuni miei compagni morirono. Io ebbi una ferita non profonda sulla gamba della quale ancora porto il segno (alza il pantalone e mi fa notare la cicatrice). Riuscì a trascinarmi in un anta del terreno e mi finsi morto. Rimasi lì quasi due giorni incapace di muovermi, abbracciato alle gambe di un cadavere, cercando di non fare rumori e  respirando più silenziosamente possibile. Ma sai perché mi sono messo a piangere? Perché mi è venuto in mente che durante la sosta di Firenze ci misero in fila per ottenere il pasto per lo più costituito ad una brodaglia indescrivibile. Li siamo stati spinti, pestati, qualcuno addirittura ha ricevuto qualche brutto colpo in quanto si professava innocente  oppure perché voleva sapere la destinazione finale. Caro Carmelo grazie per la tua comprensione ma io ancora mi sento sporco marchiato da quel punto nero con la matricola.”

Gabriele alzo la manica della camicia per farmi vedere la marchiatura e nonostante fossero passati più di 50 anni la scritta ancora c’era, si leggeva il numero. Capii anche il perché nonostante il caldo di quei giorni Gabriele portava camicie a maniche lunghe… Ho appurato inoltre che chi raccontava vicende analoghe, se non anche più tragiche, che quei tatuaggi non si sarebbero mai cancellati. Quindi capite adesso il perché anch’io all’ Acqua Park ho provato rabbia,  anche se dopo il primo bagno in piscina il mio timbro si è cancellato completamente. Queste mode di oggi, per controllare le entrate e le uscite da un locale, sembrano così assurde in quanto una civiltà che si definisce civile non può accettare l’uso di mezzi di hitleriana memoria. Purtroppo nella nostra società abbiamo  anche delle marchiature virtuali, invisibili dovute più che altro all’ignoranza , come nel caso di noi diabetici. Ancora molti di noi tastiamo con mano che molte persone credono che il diabetico è potenzialmente pericoloso, contagioso, o ancora, che il diabetico possa mettere nei guai il proprio vicino in quanto quest’ultimo non sa fare nulla in caso di necessità diabetica. Da quanto detto sopra, il diabetico ha quel timbro, quel numero di matricola che non si vedono, però che  gli altri vedono! Cosa fare per contrastare,  arginare queste sacche di ignoranza? Buona parte della colpa di questo stato d’essere è nostra, nostra perché alle volte non accettiamo il nostro status, non diffondiamo la situazione diabetica e non avviciniamo nessuno dei normali alla nostra causa. L’esempio lampante è la situazione della nostra associazione, che rischia di chiudere dopo vent’anni di sforzi fatti da una buona parte di associati, sforzi che non bastano, in quanto non c’è un adesione totale da parte del cento per cento dei associati. Umilmente rintraccio la causa in alcuni diabetici che si vergognano di partecipare in modo attivo alla vita sociale, pensano che basti la pillola,  sapere  gestire l’insulina, per poi sparire dalla circolazione e dimenticando alle volte di associarsi e di pagare la quota sociale annuale. Non abbiamo capito che occorre l’apporto di tutti soprattutto in questo momento politico storico della nostra Italia dove il governo predica bene ma razzola male, arrivando addirittura ad  effettuare tagli vistosi ai contributi alle associazioni che veramente operano nel sociale come la nostra Diabaino Vip Vip dello Stretto. Ho confessato qualche articolo fa, che io senza la Diabaino già sarei stato da un bel po’ sotto l’ombra di un cipresso! Da questa mia affermazione e di conseguenza sopravvivenza chiedo a tutti i lettori di prestare più tempo all’associazione e cercare delle nuove vie perché l’associazione sopravviva. La mia proposta è quella di aprire una sottoscrizione supplementare e allargata anche alle persone normali per poter sostenere le numerose spese. Infine il pensiero va quasi come al solito a Gabriella e Mariantonella, genitori dell’associazione e che mi crea un forte dubbio : in caso di morte dell’associazione riusciranno a sopravvivere? È atroce per un genitore sopravvivere a un figlio! Se per noi loro sono più che amiche, desideriamo il loro e nostro benessere, rimbocchiamoci le maniche, che la scritta che abbiamo, anche se invisibile che si veda, cerchiamo di far continuare a vivere la Diabaino Vip Vip dello Stretto, faro della lotta al diabete nel sud d’Italia.

Prof. Carmelo Ferraro

settembre 2019

 

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Diabaino News – Diabete 1… Diabete 2… Diabete tipo 2 ad esordio giovanile… Diabete lada… Diabete chi?

Molto spesso nelle conversazioni tra persona e persona e in particolare nelle conversazioni sui cosiddetti “social” compare una richiesta esplicativa: dimmi che diabete hai e ti dirò chi…e ti darò risposta a ciò che chiedi. La definizione del proprio diabete sembra facile, dovrebbe essere facile dal momento che ci siamo affidati alla aritmetica semplice: o tipo 1 o tipo 2.

In realtà in passato si usava una terminologia più descrittiva: negli anni 1970 esistevano il diabete giovanile e il diabete senile: diabete giovanile magro e insulinodipendente, diabete senile grasso e non insulinodipendente.

Il diabete giovanile magro praticamente senza insulina, il diabete senile grasso caratterizzava un paziente con normale secrezione insulinica che gradualmente era stata erosa dalle richieste sempre maggiori dell’organismo a causa dell’aumento del peso corporeo.

La terapia aveva due cardini fondamentali: nel diabete giovanile magro insulina che allora era di origine porcina, nel diabete senile grasso farmaci per bocca che avevano due obiettivi “spremere” al massimo le isole di Langerhans oppure migliorare l’efficacia dell’insulina residua a livello delle cellule.

L’insulina porcina veniva somministrata sottocute tre volte al dì solo nei casi più delicati (per esempio diabete in gravidanza) oppure preferibilmente una volta al dì con associazione tra insulina pronta e insulina lenta per limitare al massimo le iniezioni (non esistevano penne o siringhe monouso, ma siringhe di vetro e aghi metallici). Non rara era la comparsa di manifestazioni allergiche (insulina porcina) oppure di resistenza all’azione dell’insulina (formazione di anticorpi verso insulina porcina).

Nel 1975 tutto ci era chiaro e logico, non avevamo dubbi sulle definizioni e sulla terapia.

Negli anni immediatamente successivi vi fu una grande evoluzione degli esami di laboratorio e fu possibile dosare l’insulina con un semplice prelievo di sangue e da un lato si ebbe conferma della mancanza completa o quasi completa dell’insulina nel diabete giovanile e dall’altro grande fu la sorpresa nel verificare che nel diabete senile l’insulina poteva essere addirittura elevata. Come? Un diabete mellito ricco di insulina? Proprio così; poteva essere ricco di insulina!

Ecco le denominazioni si complicavano e quindi da tale epoca si parla sempre di diabete mellito tipo 1 e diabete mellito tipo 2 con qualche ulteriore precisazione. Il diabete di tipo 1 caratterizzato dalla presenza di anticorpi anti isole di Langerhans e il diabete di tipo 2 caratterizzato dalla presenza di altri casi di diabete nel gentilizio (genitori, nonni, fratelli dei genitori).

Sempre dalla stessa epoca (metà degli anni 1980 del secolo scorso) comparsa dell’insulina umana e l’utilizzazione di siringhe e aghi monouso e poi della penna; e infine l’insulina “sovrumana” (da una ricollocazione degli aminoacidi che compongono l’insulina) che “scimmiotta” i tempi di azione dell’insulina nella persona senza diabete e quindi terapia con tre somministrazioni al giorno di insulina e una quarta somministrazione serale di insulina basale oppure infine il micro infusore; per il diabete di tipo 2 non più farmaci che “spremono” isole di Langerhans perché esse producono già insulina in grande quantità, ma farmaci che facilitano l’azione dell’insulina naturalmente presente e che siano in grado di vincere la resistenza all’azione dell’insulina resistenza determinata dalla presenza molto frequente di obesità (diabete grasso) oppure più recentemente farmaci che agiscono limitando il riassorbimento fisiologico di glucosio a livello renale e di fatto facilitando l’eliminazione urinaria di glucosio.

Tutto a posto? Tutto chiaro? No, la medicina non finisce mai di stupire e di stupirsi. Con l’aumento della presenza di obesità nelle popolazioni con “opulenza” alimentare è possibile riscontrare un diabete di tipo 2 già presente in adolescenti e giovani adulti. E per altro verso è stata riscontrata in adulti la presenza di diabete di tipo 1, diabete cioè con la presenza di anticorpi anti isole di Langerhans (LADA o diabete latente a genesi autoimmune).

Da qui la necessità di fornire esatta identità:

  • Sono un paziente con diabete di tipo 1 e come tale in terapia insulinica
  • Sono un paziente con diabete di tipo 1 in “luna di miele”, ho assunto insulina ma ora per un periodo relativamente breve posso usare anche solo farmaco per bocca
  • Sono un paziente con diabete di tipo 2 e, come tale ricco di insulina, in terapia con farmaci che riducono la resistenza all’azione dell’insulina
  • Sono un paziente con diabete di tipo 2 che ha avuto “tanta” insulina a disposizione ma ora, dopo “tanti” anni di diabete, ho esaurito scorte e devo usare l’insulina (un diabete potremmo dire con vecchia denominazione non insulinodipendente che necessita ora di terapia insulinica)
  • Sono un diabetico senile con presenza di anticorpi contro cellule di Langherhans e quindi sono un diabetico senile di tipo 1 (LADA, Latent Autoimmune Diabetes in Adults)
  • Sono un diabetico giovanile ma essendo obeso utilizzo farmaci che riducono la resistenza all’azione dell’insulina

In conclusione, meglio nel 1975 diabete mellito giovanile magro insulinodipendente e diabete mellito senile grasso non insulinodipendente. Ma oggi diabete 1 o diabete 2 o meglio…diabete chi?

 

Dott. Eros Barantani

 

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Diabaino News – Effetti dell’allenamento ad alta intensita’ (hiit) sul controllo glicemico

a cura del dott. Alessio Calabrò*

Con l’acronimo di HIIT, (High Intensity Interval Training), si intende una tipologia di allenamento che si prefigge, mediante l’ausilio di una serie di determinati parametri, mezzi, metodologie e altre variabili; di creare svariati adattamenti (metabolici, ormonali, fisiologici e muscolari) nelle persone che lo praticano, in sedute che di norma tendono a non superare complessivamente i 45’.

Se, inizialmente, questo metodo di allenamento era considerata solo appannaggio di atleti e sportivi d’elité, negli ultimi anni la ricerca in ambito sportivo ha evidenziato come questa tipologia di training può apportare notevoli benefici anche a chi si appresta a praticare attività fisica con scopi puramente ricreativi o preventivi, tant’è che l’HIIT, secondo l’American College of Sports Medicine, risulta essere oggi una delle attività più gettonate nel mondo del fitness e del wellness.

Questa metodologia di allenamento, prevede l’esecuzione di una o più tipologie di esercizi ad elevata intensità, (spesso misurata attraverso Frequenza Cardiaca), alternanti a delle fasi di recupero attivo o passivo (a seconda se l’intensità viene parzialmente ridotta, o se tra un esercizio e l’altro si opta per fermarsi completamente). Indipendentemente dalla tipologia di recupero, la pausa comunque si protrae periodo di tempo molto limitato, che varia da pochi secondi a qualche minuto massimo.

Sebbene si tratti spesso di un’attività svolta in gruppo, l’intensità dello sforzo e gli esercizi possono essere personalizzabili a seconda delle capacità individuali e degli obiettivi del singolo individuo.

Come già accennato, molti studi hanno valutato i potenziali benefici dell’HIIT in ambito preventivo specie per quanto riguarda il management del peso corporeo e il controllo glicemico in soggetti diabetici e non:

  • In uno studio del 2015 si è visto come la somministrazione di 3 sedute settimanali di HIIT, per 8 settimane, in 10 pazienti con Diabete Mellito di Tipo 2 ne migliorava il controllo glicemico e la funzione delle β cellule pancreatiche. Lo studio sottolineava che il protocollo di lavoro ha migliorato anche la composizione corporea dei soggetti presi in esame con una riduzione della massa grassa, soprattutto a livello viscerale.
  • Effetti del tutto similari sono stati registrati in due successive ricerche del 2017 e del 2018, dove rispettivamente a 12 pazienti diabetici nel primo studio e 13 pazienti diabetici nel secondo studio, è stato somministrato un protocollo di lavoro HIIT per 3 sedute settimanali per una durata complessiva di 6 settimane.
  • I miglioramenti del profilo glicemico sono stati osservati in un recentissimo studio del 2018, anche in soggetti obesi, a cui assieme al protocollo HIIT veniva associato un piano dietetico ipocalorico, creando così una efficace terapia preventiva contro il rischio di insorgenza di diabete.

E’ bene precisare che, sebbene l’HIIT risulti una metodica efficace anche in soggetti con problematiche legate al peso o a disturbi dismetabolici, esso risulta essere un programma di allenamento molto impegnativo. Pertanto la sua somministrazione, specie in questa tipologia di pazienti, dovrebbe essere effettuata previa autorizzazione del Medico Specialista e sotto stretto controllo di personale qualificato, e soltanto dopo un abbondante periodo di adattamento progressivo allo sforzo fisico.

 

*Dietista Perfezionato in Nutrizione e Dietetica Applicata allo Sport 
Specialista in Scienze dello Sport
Docente a Contratto c/o l’Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro

 

Bibliografia essenziale:

  • Thompson W. R., “Worldwide survey of fitness trends for 2018” – ACSM’s Health & Fitness Journal November/December 2017.
  • Madsen S.M., Thorup A.C., Overgaard K., Jeppesen P.B., “High Intensity Interval Training Improves Glycaemic Control and Pancreatic β Cell Function of Type 2 Diabetes Patients” – PLOSONE | DOI:10.1371 /journal.pone.0133286 August10,2015
  • Nieuwoudt S., Fealy C.E., et all, “Functional High Intensity Training Improves Pancreatic B-cell Function in Adults with Type 2 Diabetes” American Journal of Physiology-Endocrinology and Metabolism Sept 2, 2017; 313(3):E314-20.
  • Fealy C.E., Nieuwoudt S., Foucher J.A. “Functional high-intensity exercise training ameliorates insulin resistance and cardiometabolic risk factors in type 2 diabetes.” Exp Physiol. 2018 Jul;103(7):985-994. doi: 10.1113/EP086844.
  • Francois M.E., Gilbertson N.M., Eichner N.Z.M. et all, “Combining Short-Term Interval Training with Caloric Restriction Improves ß-Cell Function in Obese Adults.” Nutrients 2018 Jun 3;10(6). pii: E717. doi: 10.3390/nu10060717.

 

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Diabaino News – Olio di Palma, questo sconosciuto…

L’olio di palma e’ un grasso di origine vegetale estratto dal frutto delle palme di origine africane o sud americane.

I grassi sono miscele di trigliceridi la cui composizione in acidi grassi ne influenza la solidità a temperatura ambiente. Solitamente i grassi animali (burro, lardo ecc.) sono solidi a temperatura ambiente perché ricchi in acidi grassi saturi, mentre gli oli vegetali (di soia, di oliva ecc) sono liquidi a temperatura ambiente perché ricchi di acidi grassi poli e mono-insaturi. Dalla saturazione per idrogenazione degli oli vegetali si ottiene poi la MARGARINA.

L’olio di palma pur essendo un olio vegetale è tendenzialmente solido a temperatura ambiente per il suo elevato contenuto in grassi saturi a lunga catena (50%), motivo per cui viene comunemente utilizzato al posto del burro. Dal punto di vista commerciale, infatti, presenta alcune caratteristiche che lo rendono largamente utilizzato nell’industria alimentare, quali: l’ottima sapidità, l’ottima resistenza all’ossidazione (irrancidisce meno facilmente), il basso costo di produzione.

L’olio di palma grezzo, ricco di carotenoidi precursori della vitamina A, subisce un processo di raffinazione prima di arrivare sulle nostre tavole durante il quale i carotenoidi  vengono purtroppo inattivati dal calore, perdendo uno dei suoi pochi benefici.

Negli ultimi mesi l’olio di palma è diventato oggetto di infuocati dibattiti soprattutto da quando ha sostituito i grassi idrogenati (assai più dannosi) nell’industria alimentare. Ma fa male alla salute?

L’olio di palma non contiene colesterolo, ma esattamente come il burro, contiene una quantità elevata di acidi grassi saturi, che IN ELEVATA QUANTITÀ aumentano comunque il rischio di accidenti cardiovascolari.  E visto che l’olio di palma è praticamente dappertutto ed è facilmente accumulabile durante la giornata, i rischi per il cuore e per la circolazione ci sono eccome.

Ciò che si potrebbe allora fare è bilanciare formaggi, carne rossa e prodotti con olio di palma nella dieta quotidiana (che dovrebbero essere non più del 10% dell’energia giornaliera), cercando comunque di preferire cereali grezzi e poco raffinati, legumi, frutta e verdura, frutta secca (noci, mandorle), pesce e il nostro mitico olio extravergine di oliva.  Ce la faremo????

Dott. Cristina Campolo

 

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Diabaino News – Ambiente e Salute nella scuola dell’infanzia: quale prevenzione in tempo utile?

La nostra è un’era nella quale tutti parlano di prevenzione. Si fanno Programmi, Linee Guida, Comitati Etici, ma una prevenzione in tempo utile, efficace e che dia i risultati attesi a medio e lungo termine, non è stata concretamente attuata nonostante il tanto parlare.

L’evoluzione della vita e della società tutta, nella affannosa ricerca del progresso ha spostato il nostro sentire della natura, il rispetto del Ciclo Circardiano e il vivere in modo sano e corretto. Alla base della vita abbiamo: Movimento, Alimentazione, Informazione e Formazione.

La scuola ha un ruolo preventivo nell’informare correttamente le scelte alimentari del bambino e della famiglia, in quanto interviene in età precoce, quando le abitudini alimentari sono ancora in formazione, e agisce su un numero sempre più vasto di utenti in età evolutiva. Sarebbe bene che Genitori ed Educatori si impegnassero, contribuendo a sviluppare nel bambino una coscienza alimentare autonoma e consapevole che gli permetta di fare scelte nutrizionali corrette, promuovendo anche una sana e regolare Attività Fisica.

Le abitudini alimentari del bambino si impostano e consolidano in età scolare, pertanto è in questa fase della vita che la famiglia e la scuola dovrebbero contribuire allo sviluppo di uno stile alimentare salutare che permanga nell’età adulta.

Il progressivo cambiamento dello stile della vita e dei ritmi lavorativi hanno portato a profonde modificazioni delle abitudini alimentari familiari, con la diffusione nella popolazione infantile di una alimentazione scorretta (Fast Food), con introito eccessivo di proteine di origine animale, grassi saturi, sodio e carenza di glucidi complessi, fibra, vitamine e sali minerali, attuando una terapia alimentare altamente calorica.

Nei bambini e ragazzi in età scolare abitudini alimentari scorrette hanno portato ad un aumento della frequenza di sovrappeso e obesità, derivante oltre che da scelte alimentari sbagliate da eccessiva sedentarietà. Per promuovere una crescita armonica e uno sviluppo corretto è importante educare i bambini a consumare un’ampia varietà di alimenti. In questo modo si evita la monotonia alimentare e si prevengono rischi di eccessi o carenze nutrizionali.

Attraverso una corretta alimentazione associata ad un’attività fisica regolare si può prevenire il sovrappeso e ridurre il rischio di sviluppare in età adulta malattie cronico-degenerative (malattie cardiovascolari, diabete, ipertensione etc). Le fondamenta delle abitudini alimentari si costruiscono in ambito familiare.

La scuola, attraverso la mensa scolastica, ha un ruolo preventivo, in quanto interviene in età precoce quando le abitudini alimentari sono ancora in formazione, agisce su un numero sempre più vasto di utenti in età evolutiva, indirizzando correttamente le scelte alimentari del bambino e della famiglia.

Essere in buona salute significa seguire in primis le regole dettate dall’Igiene Alimentare, se noi ci volgiamo indietro nel tempo possiamo osservare che costumi, usi, precetti religiosi nelle varie epoche della storia e nei vari popoli mirarono sempre a proteggere la salute.

Come é possibile seguire una dieta equilibrata?

È necessario conoscere gli alimenti, cioè i cibi che mangiamo, per dosarli e combinarli nel migliore dei modi, il “quando”, il “quanto” e la qualità dipendono innanzitutto da cosa c’è nel piatto.

Il nostro tipo di alimentazione, cioè la Mediterranea, risulta un esempio di alimentazione bilanciata e salutare, perché contiene una grande varietà di cibi gustosi, e protegge e riduce il rischio delle malattie cardiovascolari, dai tumori del colon e del seno e, dulcis in fundo, contiene tutti i requisiti raccomandati alle persone con diabete mellito.

I benefici per la salute

Un’alimentazione sana è parte essenziale di uno stile di vita sano

Si raccomanda di:

  • Praticare regolarmente esercizio fisico adeguato allo stile di vita ( camminare, andare in bicicletta o nuotare almeno mezz’ora al giorno)
  • Mantenere il peso forma
  • Non fumare
  • Prendersi un po’ di tempo per se stessi, riducendo lo Stress

 

Concludendo, è importante seguire una giusta Alimentazione e Attività Motoria per non far parte della DIABESITA’. Ormai, purtroppo, le previsioni di qualche tempo fa sono davanti ai nostri occhi perché, come prima e’ stato scritto, la prevenzione in tempo utile non è stata attuata.

 

 

                                                                   Dott.ssa Maria Antonella Ferraro

Diabetologa

 

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