Cittadini e pazienti tagliati fuori dallaCommissione sui LEA

Organismo chiave del Servizio Sanitario Nazionale, che decide quali siano le prestazioni sanitarie da garantire gratuitamente a tutti i cittadini sul territorio nazionale, si è insediata in questi giorni la Commissione Nazionale per l’aggiornamento dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) e la Promozione dell’Appropriatezza del Servizio Sanitario Nazionale. «Ne sono però stati tagliati fuori i rappresentanti delle Associazioni dei cittadini e dei pazienti – denuncia il Tribunale per i Diritti del Malato di Cittadinanzattiva – un fatto inaccettabile, cui porre rapidamente rimedio» Presieduta dal Ministro della Salute, si è insediata in questi giorni la Commissione Nazionale per l’aggiornamento dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) e la Promozione dell’Appropriatezza del Servizio Sanitario Nazionale. Ne fanno parte rappresentanti del Ministero della Salute, di quello dell’Economia e delle Finanze, del Consiglio Superiore di Sanità, dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità), dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), dell’AGENAS (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) e delle Regioni, con il compito di garantire il costante aggiornamento dei LEA attraverso una procedura semplificata e rapida.                              «Ancora una volta – denuncia peròTonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i Diritti del Malato di Cittadinanzattiva – i rappresentanti delleAssociazioni dei cittadini e dei pazienti sono stati tagliati fuori dai tavoli istituzionali che prendono le decisioni che contano davvero in Sanità e che li riguardano in prima persona. Scorrendo infatti la lista dei componenti della Commissione, balza all’occhio che sono presenti solo i rappresentanti delle Istituzioni nazionali e regionali e alcuni esponenti del mondo sanitario». «Stiamo parlando – prosegue Aceti – di un organismo chiave del Servizio Sanitario Nazionale, che decide quali siano le prestazioni sanitarie da garantire gratuitamente a tutti i cittadini sul territorio nazionale ed è dunque inaccettabile e inefficace che in esso non si tenga conto della voce dei cittadini e dei pazienti». «E pensare – aggiunge – che in altri Paesi la partecipazione civica, nelle politiche pubbliche, è prassi consolidata e risorsa indispensabile, per assumere decisioni corrette e rispettose dei diritti delle persone».                                 «Si ponga dunque rimedio subito a questo grave errore – conclude il Coordinatore del Tribunale per i Diritti del Malato – includendo nella lista dei partecipanti alla Commissione i rappresentanti delle Associazioni di cittadini e pazienti, di cui il nostro Paese è straordinariamente ricco».

(S.B.)

Da Superando. IT

Diabete, tutta colpa della geografia. La babele dei misuratori glicemici

INCONTRO A ROMA MARTEDÌ 18 OTTOBRE                                                          

 

Le associazioni: supporti importanti per una buona qualità della vita e per ridurre i ricoveri ospedalieri. Ma ogni ente locale fa storia a sé e spesso il paziente non ha scelta.  I malati di diabete non sono tutti uguali: in alcune regioni italiane vengono assistiti in misura soddisfacente (o anche ottimale), in altre devono lottare per i diritti sanitari di base. Lo denuncia Albino Bottazzo, presidente Fand, la più importante associazione di diabetici in Italia: «I malati hanno tutti il diritto a cure di qualità: alcune regioni garantiscono livelli di assistenza appropriate e altre assolutamente no. Questa discriminazione è inaccettabile e deve essere superata». Per questo motivo la Fand ha organizzato l’incontro “Diabete: no alle discriminazioni fra malati” che si terrà martedì 18 ottobre, dalle 15 alle ore 18, nella Pinacoteca del Tesoriere in piazza San Luigi dei Francesi 37 a Roma        (SalaImperial Ballroom).     

                                                                                                                                                    Tre milioni di malati in Italia                                                                                            Il problema è enorme, essendo il diabete la patologia cronica più diffusa in Italia: i pazienti sono oltre 3 milioni. I dispositivi per l’autocontrollo glicemico (gli stick e gli strumenti che attraverso un foro nel polpastrello misurano il livello di glicemia nel sangue) sono supporti medici fondamentali per garantire una qualità della vita alta ed evitare il più possibile il ricorso agli ospedali. La legge 115 del 1987 ha reso questi strumenti gratuiti per tutti i malati, dietro prescrizione medica, ma ha lasciato alle regioni la decisione sulle modalità con cui vengono acquistati e distribuiti, nonché sui quantitativi erogabili. Ne è seguita una babele di delibere locali, resa ancora più grave dalla modifica del  Titolo Quinto della Costituzione del 2001, a seguito della quale le decisioni sulla sanità sono state in gran parte spostate dallo Stato alle Regioni.

«Violazione del principio di equità»                                                                Risultato: in commercio esistono dispositivi diversi per caratteristiche tecniche e funzionali, ognuno più adatto a un certo tipo di paziente e a uno stadio determinato della malattia. Alcune regioni garantiscono la possibilità di scegliere fra varie soluzioni solo ai pazienti con diabete tipo 1 (che colpisce prevalentemente bambini e ragazzi e si sviluppa in tempi rapidi) e non a quelli affetti dal diabete tipo 2 (il più diffuso, con circa il 90% dei casi totali e che si sviluppa normalmente in età adulta e con un peggioramento più lento). Secondo le associazioni dei malati, è invece importante poter scegliere con il medico lo strumento più idoneo, anche in base allo stile di vita: l’apparecchio che misura la glicemia di una persona che fa una vita attiva e sportiva deve avere caratteristiche diverse rispetto a chi è costretto a trascorrere molto tempo a letto o una ragazza che aspetta unfiglio. Secondo la Fand, è in atto una violazione del principio di equità nel diritto alla salute, in quanto ai cittadini viene erogata assistenza di maggiore o minore qualità unicamente in base al luogo di residenza.

Risparmio per il Servizio sanitario                                                                       «Spetta al medico il compito di scegliere e prescrivere il presidio più adeguato a ciascun singolo paziente sulla base delle sue caratteristiche cliniche, psico-attitudinali e sociali con vantaggi per la sua salute» sottolinea Bottazzo. In alcune regioni la ricerca di soluzioni per risparmiare sui costi si è tradotta nella centralizzazione degli acquisti, con esiti spesso non soddisfacenti rispetto all’appropriatezza prescrittiva e alla qualità dei dispositivi. Ma – sottolineano le associazioni – un’assistenza più adeguata (e omogenea nel territorio) si tradurrebbe in un risparmio economico per la collettività: oggi solo il 4% dei costi sostenuti dai Servizi sanitari regionali va nei dispositivi (autocontrollo glicemico, microinfusori per insulina, monitoraggio in continuo della glicemia, aghi e siringhe per insulina), mentre il 50% dei costi diretti del diabete è legato ai ricoveri per complicanze, che si potrebbero prevenire con un buon controllo del metabolismo.

 di  Laura Cuppini  dal  Corriere dellaSera                                                                                                                                  12 ottobre 2016 (modifica il 12 ottobre 2016 | 17:44)                                         © RIPRODUZIONE RISERVATA

 

Diabete,la cura è nascosta nelle persone immuni?

A suggerirlo è uno studio italiano

La cura del diabete potrebbe essere rivoluzionata da una scoperta italiana presentata in anteprima al World Diabetes Congress di Vancouver e orapubblicata sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism. Un gruppo di ricercatori coordinato da Andrea Giaccari, esperto dell’Unità di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo del Policlinico “A. Gemelli” di Roma, ha infatti scoperto che nelle persone apparentemente immuni a questa malattia la protezione potrebbe derivare dalla capacità delle cellule alfa del pancreas – quelle che producono il glucagone – di trasformarsi incellule beta – quelle che invece producono l’insulina.

 

Il trapianto di celluleche sconfigge il diabete

A Milano il primo intervento in Europa Tecnica messa a punto dall’Istituto di Miami.
Il paziente, un uomo di 41 anni, diabetico dall’età di 11, ha smesso di prendere l’insulina. Il protocollo è stato studiato dallo scienziato Camillo Ricordi, da anni negli Usa

Un passo avanti importante per curare i pazienti affetti da diabete di tipo 1 è stato compiuto all’ospedale Niguarda di Milano, grazie a un trapianto innovativo – il quarto al mondo, il primo riuscito in Europa – compiuto da un’équipe multidisciplinare (chirurgia dei trapianti, diabetologia, nefrologia, anestesia, terapia tissutale) che ha applicato il protocollo messo a punto a Miami dal Diabetes Research Institute, diretto da Camillo Ricordi. Lo scienziato italiano ha identificato un sito particolare, l’omento (una membrana che si estende sopra l’intestino) quale posto ideale per trapiantare le cellule pancreatiche. «L’intervento – spiega il diabetologo Federico Bertuzzi (coordinatore del programma di questo tipo di trapianto a Niguarda) – è avvenuto un mese fa e ora si può definire riuscito: da una settimana il paziente (un uomo di 41 anni, diabetico dall’età di 11) ha smesso di assumere insulina». Da Miami giungono le congratulazioni di Ricordi: «Questa tecnica di ingegneria tissutale sarà fondamentale per permettere la speU rimentazione clinica di nuove tecnologie per evitare l’uso di farmaci anti rigetto, che oggi limitano l’applicabilità dei trapianto di isole ai casi più gravi di diabete». «Attualmente le cellule insulari vengono infuse nel fegato – aggiunge Luciano De Carlis, direttore della Chirurgia generale e dei trapianti a Niguarda – ma molte non sopravvivono a causa di una reazione infiammatoria che ne compromette il funzionamento». Con il trapianto nell’omento non solo «sono stati creati i presupposti per gli studi per evitare l’immunosoppressione» continua Bertuzzi, ma «si preservano meglio le isole pancreatiche durante la fase di attecchimento». La nuova soluzione, realizzata con chirurgia videolaparoscopica, promette ulteriori soluzioni terapeutiche: «Sarà possibile utilizzare microcapsule per rivestire le isole pancreatiche trapiantate e limitare o evitare l’immunosoppressione, che comporta sempre rischi aggiuntivi». A procurare le cellule del trapianto è stata l’équipe di Mario Marazzi (direttore della Terapia Tissutale a Niguarda): «Abbiamo lavorato il pancreas di un donatore multiorgano, e selezionato in laboratorio le isole pancreatiche. Poi nel corpo stesso del paziente è stato creato lo scaffold, l’impalcatura per ospitare le cellule trapiantate». «Questa impalcatura biologica – continua Bertuzzi – è fatta dal siero del paziente stesso e dalla trombina (un componente del sangue): insieme formano una specie di gel che permette l’adesione di queste isole alla membrana dell’omento». «La trombina diventa solida – aggiunge Marazzi –, le isole pancreatiche restano intrappolate all’interno, e producono insulina. L’omento presenta il vantaggio di avere una ottima vascolarizzazione». «Trapiantando le isole pancreatiche nel fegato – continua Marazzi – abbiamo già buoni risultati: un 80 per cento

Tratto da Attualità  10/’6/2’16

ENRICO NEGROTTI MILANO

Diabete, le staminali possono produrre insulina

Le iniezioni potrebbero presto diventare un brutto ricordo

Le iniezioni di insulina potrebbero non essere più necessarie per i diabetici di tipo 1. A prefigurarlo è una ricerca pubblicata su Cell Metabolism da un team del Salk Institute for Biological Studies di La Jolla, in California. 
I ricercatori guidati da Michael Downes e Ronald M. Evans hanno annunciato di aver superato un ostacolo che rendeva da anni problematica la ricerca su questo aspetto. Hanno cioè riprodotto in vitro cellule preposte alla produzione dell’insulina, trapiantandole con successo su topi affetti da diabete.
Finora, la ricerca era riuscita soltanto ad avviare le staminali al differenziamento in cellule beta pancreatiche, senza tuttavia farle raggiungere la piena maturità. Le cellule, cioè, non riuscivano a compiere il passo successivo, che si verifica negli esseri umani al momento della nascita, quando l’ossigenazione del sangue provocata dalla respirazione fa  fa scattare un interruttore molecolare che promuove il metabolismo ossidativo e la maturazione delle cellule beta.
Il passaggio in questione è legato alla produzione della proteina ERRy, nota ai medici per il ruolo svolto negli sforzi muscolari. Agendo su questo recettore, i ricercatori sono riusciti a innestare cellule funzionanti nei topi affetti da diabete.
«Credo che questo lavoro ci traghetti in una nuova era in cui potremo creare cellule beta a volontà», ha dichiarato Evans. 
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13/04/2016 Andrea Piccoli

 

5 x 1000 alla Diabaino: ricordati di te!

Cari amici,

non dimenticate di destinare il 5 x mille nella dichiarazione dei redditi all’associazione Diabaino Vip-Vip dello Stretto.

Alla Diabaino sta a cuore il diabete, aiutateci ad aiutare!

Aumento pancreas artificiali ‘fai da te’

ultimaora – flash news 24 Corriere della Sera 11 Maggio 2016

(ANSA) – ROMA – In attesa che arrivino sul mercato i modelli messi a punto dalle industrie, cresce il numero di pazienti che con il ‘fai da te’ preparano per sè o per i propri cari affetti da diabete di tipo 1 dei pancreas artificiali per regolare il glucosio nel sangue. Secondo il Wall street journal sono una cinquantina le persone che negli Usa hanno costruito a casa il dispositivo sfruttando un progetto open source. Il cosiddetto pancreas artificiale è un dispositivo che permette di controllare il livello di glucosio nel sangue in tempo reale agendo su una pompa di insulina. Quello realizzato da Jason Calabrese, un ingegnere informatico, per il figlio di 9 anni consiste in una pompa da insulina collegata a un sensore impiantato sotto la pelle del bimbi e a una scheda madre che contiene l’algoritmo che permette di dosare il farmaco a seconda del livello di glucosio. Il progetto open source, con i partecipanti che offrono consigli e istruzioni a chi vuole provare, si chiama OpenAPS.

Cresce numero diabetici ma Italia resta paese top su cure

Libero   5 Maggio 2016

Il numero di persone che soffrono di diabete nel nostro paese è destinato ad aumentare nei prossimi 20-30 anni e di conseguenza, i costi di assistenza sanitaria. Lo denunciano le due societa’ scientifiche italiane di diabetologia (Sid e Amd), spiegando che si e’ passati da meno di 2 milioni a quasi 4 milioni di malati, con costi inerenti alla loro assistenza sanitaria attualmente stimabili in 15 miliardi di euro all’anno. La situazione pero’ non e’ cosi’ cupa come puo’ sembrare, perche’ gli italiani con diabete, pur avendo delle cifre in crescita, sono in un certo senso dei privilegiati, poiché vivono in un Paese dove il livello medio di “compenso glicemico” è migliore rispetto a quello degli altri paesi occidentali e l’incidenza di complicanze croniche, il tasso di ricoveri per complicanze acute, così come l’eccesso di mortalità sono tra i più bassi al mondo. “Risultati che ci rendono orgogliosi – afferma Enzo Bonora, presidente della Società italiana di diabetologia (Sid) – e che sono attribuibili ad una rete capillare di centri specialistici per la cura del diabete che non ha eguali al mondo e che rappresenta l’elemento fondante del ‘Piano Nazionale per la Malattia Diabetica’ varato nel 2013 dal Ministero della Salute e dalla Conferenza Stato Regioni”. Non sorprendono dunque risultati di questa portata, anche visti i precedenti vantati dal nostro paese: quando nel mondo ancora non si parlava di diabete come della pandemia del terzo millennio e i suoi numeri erano ben lontani da quelli di oggi l’Italia, prima nel mondo, ne riconosceva la portata sociale con la legge 115 del 1987 che stabiliva tra l’altro proprio il ruolo chiave dei centri diabetologici. Alla luce di questo quadro, i diabetologi italiani, quelli della Società Italiana di Diabetologia unitamente a quelli dell’Associazione Medici Diabetologi, hanno messo nero su bianco 10 ‘impegni’ per fa sì che in futuro la qualità dell’assistenza diabetologica italiana continui a mantenere la sua leadership mondiale. Una ‘ricetta’ che vede tra i suoi punti fermi l’educazione della persona con diabete, con la dovuta sottolineatura all’importanza dell’auto-monitoraggio, l’appropriatezza nella prescrizione degli esami diagnostici e delle terapie anti-iperglicemizzanti ma anche la prevenzione dell’ipoglicemia e l’attenzione alla salute del piede.

Diabete: entro l’anno nuove possibilità di cura anche in Italia grazie alle staminali

Nuova cura per il diabete: una scatoletta di plastica impiantata sottocute nella schiena, riempita di cellule staminali factotum ‘allevate’ per diventare fabbriche di insulina.

Diabete: entro l’anno nuove possibilità di cura anche in Italia grazie alle staminali – Meteo Web

Una scatoletta di plastica impiantata sottocute nella schiena, riempita di cellule staminali factotum ‘allevate’ per diventare fabbriche di insulina potenzialmente in grado di sostituire le funzioni del pancreas che mancano ai pazienti con diabete di tipo 1: circa il 10% del totale. E’ la nuova frontiera contro la forma giovanile della malattia del sangue dolce, fra i temi sotto i riflettori al 26° Congresso nazionale della Società italiana di diabetologia (Sid), in corso a Rimini. Un ‘eldorado’ inseguito anche dagli scienziati in prima linea nel nostro Paese, dove entro fine 2016 dovrebbe sbarcare una sperimentazione internazionale che testerà la cura nell’uomo. Una decina i pazienti che si punta a coinvolgere in Italia.

Nella ricerca sul diabete 1 esiste un’ampia area in sviluppo, legata alle terapie cellulari con STAMINALI embrionali – spiega all’AdnKronos Salute Lorenzo Piemonti, vicedirettore del Diabetes Research Institute (Dri) dell’Irccs San Raffaele di Milano e coordinatore del Gruppo di studio Sid sulla medicina rigenerativa in diabetologia, presente al summit romagnolo con il suo team per illustrare il presente e il futuro di questo filone di studi – Una sperimentazione internazionale di fase clinica I-II (sicurezza e prime valutazioni di efficacia) è partita in California, ha raggiunto il Canada e dovrebbe arrivare per la prima volta in Europa entro fine anno, sostenuta da finanziamenti Ue già approvati. Coinvolgerà Bruxelles e Milano con il Dri San Raffaele“.

Gli scienziati di via Olgettina auspicano che le valutazioni sul protocollo, che saranno anche di natura etica, considerata la derivazione embrionale delle cellule utilizzate, permettano di partecipare al trial effettuando impianti anche in Italia. “In ogni caso noi ci saremo. Siamo infatti impegnati clinicamente anche a Bruxelles“, precisa Piemonti che ha un incarico di guest professor alla Vrije Universiteit. “Il trial – riferisce il ricercatore – impiega una linea di STAMINALI embrionali pluripotenti derivate nel 2000 negli Stati Uniti, sulla quale è stato messo a punto un protocollo che permette di ricavare precursori delle cellule beta-pancreatiche produttrici di insulina. Questi precursori vengono inseriti in un piccolo contenitore di plastica che viene quindi impiantato sottocute, tendenzialmente nella schiena“. Una volta introdotte nel corpo del paziente, che non viene sottoposto ad alcuna terapia immunosoppressiva anti-rigetto né alla somministrazione di altri farmaci, “l’idea è che possano maturare, produrre insulina e liberare l’ormone controlla-zuccheri nella circolazione sanguigna. Questa è l’ipotesi“.

In attesa di verificarla, la comunità internazionale di scienziati impegnati in questi studi si prepara a “un appuntamento storico. Dal 18 al 20 settembre – annuncia Piemonti – è in programma ad Harvard negli Usa un workshop che abbiamo contribuito a organizzare, e che riunirà tutti i ricercatori del mondo attivi sul fronte della terapia cellulare contro il diabete di tipo 1“. “E’ la prima volta che succede e sarà un’occasione unica per fare il punto sul presente e definire una strategia globale per il futuro. L’obiettivo è stilare linee guida e creare sinergie che consentano di accorciare i tempi della fase sperimentale. Si pensi infatti che, dalla prima scoperta biologica delle promesse di questo approccio in vitro al primo paziente trattato, sono passati circa 13 anni“, sottolinea.

Nel frattempo non sono mancate novità che potrebbero contribuire a velocizzare la ricerca bypassando vari ostacoli tecnici ed etici. La principale è la scoperta delle cellule STAMINALI pluripotenti indotte, le iPs ottenute ringiovanendo cellule adulte fino allo stadio di ‘bambine’, che nel 2012 hanno fruttato il Premio Nobel per la Medicina al giapponese Shinya Yamanaka. Ora l’obiettivo è ‘metterle in banca’, a disposizione degli scienziati del Vecchio continente. “Un gruppo di cui facciamo parte ma che è guidato da Marc Turner, nella rete di studiosi che nel 1996 partecipò alla clonazione della pecora Dolly in Scozia – continua il vicedirettore del Dri San Raffaeleha sottoposto alla Commissione europea una richiesta di finanziamento per produrre una Banca di iPs alla quale potrebbero attingere gli scienziati di tutta Europa, attivi in diversi campi di ricerca“.

Alla platea di esperti riunita per il meeting della Sid, Piemonti ripropone anche il “paradosso” già denunciato nell’ottobre scorso, in occasione del Congresso ‘Panorama Diabete’ della società scientifica: la questione kafkiana dei rimborsi per il trapianto di isole pancreatiche nelle persone con diabete 1 non trattabili con la normale terapia insulinica. “In Italia un codice Drg per questo trattamento esiste – ricorda il ricercatore – ma di fatto è un ‘numero vuoto’ perché non ha un corrispettivo economico. Il paziente ha un’esenzione per lo screening e i controlli di follow-up come per qualsiasi tipo di trapianto, però in concreto non vengono coperte le spese per la preparazione del materiale cellulare, l’ospedalizzazione e l’infusione. Oltre al danno economico per la struttura che esegue il trapianto, questo ci penalizza molto anche nella gara internazionale per l’assegnazione di fondi di ricerca“.

Eppure in questo campo la Penisola vanta una posizione di leadership. “Siamo uno dei Paesi ad avere sviluppato un’eccellenza scientifica e clinica – rivendica l’esperto – Il San Raffaele, per esempio, è uno dei centri con il più alto volume di trapiantati al mondo: circa 200 dal 1989, e ormai viaggiamo al ritmo di una ventina di infusioni all’anno. Siamo sul podio nel mondo, tra il secondo e il terzo gradino, e non abbiamo ancora un Drg dedicato. Vorremmo che il rimborso fosse lo stesso previsto per il trapianto di pancreas, perché l’indicazione terapeutica è la stessa“. Ma la Sid segnala anche la difficoltà a individuare l’interlocutore giusto: non è ancora chiaro chi debba occuparsene, se lo Stato o le Regioni. La situazione, analizza Piemonti, è variegata anche fuori confine. “In Inghilterra, in Svizzera e in Canada il trapianto di isole pancreatiche è già considerato uno standard terapeutico, riconosciuto e rimborsato. In Francia si sta ancora discutendo, mentre negli Stati Uniti un consorzio nordamericano ha appena pubblicato uno studio di fase III che verrà sottoposto alla Fda per chiedere la registrazione della procedura. Il lavoro – conclude lo scienziato – dimostra che il trapianto di isole è capace di correggere il diabete di tipo 1 incontrollabile con la classica terapia insulinica. Indipendentemente dal fatto che possa o meno far raggiungere l’isulino-indipendenza, è in grado di guarire il diabete instabile“.

Diabete “epidemico”:nel 2035 colpirà 592

Se la popolazione non cambierà stile di vita, nel 2035 il diabete di tipo 2 potrebbe colpire 592 milioni di persone. Ad affermarlo, in uno studio pubblicato su Pharmaco Economics, sono i ricercatori della University of East Anglia di Norwich (Regno Unito), guidati da Till Seuring, secondo cui questa patologia è diventata una vera e propria epidemia globale.

La ricerca ha dimostrato che un adulto su 12 soffre di diabete di tipo 2. In particolare, l’8,3% delle persone di età compresa tra 20 e 79 anni è affetto dalla patologia. Il numero sale al 10% in Cina e in India, dove vivono 165 milioni di diabetici.

Nel 2013, il numero dei diabetici è stato stimato in 382 milioni. Di questi, circa il 10% risulta affetto da diabete di tipo 1, una malattia auto-immune che, di solito, si sviluppa durante l’infanzia. Il restante 90%, invece, soffre di diabete di tipo 2, una patologia causata da uno stile di vita sedentario e da un regime alimentare scorretto. Secondo gli autori, se le persone non inizieranno a praticare più attività fisica e a seguire un’alimentazione sana, il numero dei malati è destinato a salire del 55% nei prossimi due decenni.

 

“Il diabete è diventato un’epidemia – spiega Till Seuring -. È una una malattia cronica che si è diffusa ampiamente negli ultimi decenni, non solo nei paesi ad alto reddito, ma anche in molti paesi a basso e medio reddito, come India e Cina”.